Criminalità minorile, non solo baby gang. Analisi del fenomeno dello “street bullying”
Pubblicato da Hillary di Lernia in Criminologia · Giovedì 08 Giu 2023
Tags: street, bullying, bullismo, baby, gang, criminalità, minorile
Tags: street, bullying, bullismo, baby, gang, criminalità, minorile
8 giugno 2023
Autori: H. di Lernia, M. Penazzo, G. Tamburriello, G. Pastore
Istituto di Scienze Forensi Centro di Ricerca
Abstract
This paper presents the results of the research on juvenile crime carried out by the research center of the Institute of Forensic Science. The purpose of the investigation is to focus attention on the different forms and degrees of juvenile deviance recorded in the Milan metropolitan area, focusing on the specific etiological causes and risk factors. In addition, a new connotation of the phenomenon (street bullying) is introduced in light of empirical evidence. Finally, some counter and preventive measures are proposed, using solutions that have proven effective in similar contexts.
Keywords: street bullying, bullism, baby gang, juvenile crime
Riassunto
In questo contributo vengono presentati i risultati della ricerca sulla criminalità minorile realizzata dal Centro di Ricerca dell’Istituto di Scienze Forensi. Lo scopo dell’indagine è porre l’attenzione alle diverse forme e gradi di devianza giovanile registrati nell’area metropolitana di Milano, concentrandosi sulle specifiche cause eziologiche e sui fattori di rischio. Inoltre, viene introdotta una nuova connotazione del fenomeno (street bullying), alla luce delle evidenze empiriche. Infine, vengono proposte alcune misure di contrasto e prevenzione, ricorrendo a soluzioni che si sono dimostrate efficaci in contesti analoghi.
Parole chiave: street bullying, bullismo, baby gang, criminalità minorile
Introduzione
La narrazione giornalistica odierna sembra compiacersi dello smodato utilizzo del termine baby gang per identificare gruppi di adolescenti che commettono crimini di varia natura e gravità.
Nel Fascicolo Iter DDL S. 2672, presentato il 18 dicembre 2022, si parla di “un fenomeno di particolare allarme sociale e in continua espansione”, un allarme […] “dovuto non solo alla giovanissima età dei componenti dei gruppi, ma anche alla sensazione di pericolo e impotenza avvertita dalla popolazione, determinata in particolare dalla crescente aggressività con cui vengono perpetrati i crimini”.
Dato il confermato interesse pubblico, il Centro di Ricerca dell’Istituto di Scienze Forensi ha deciso di studiare in modo approfondito il fenomeno, cercando di delinearne i contorni e le sfumature. Nonostante la crescente attenzione riservata al problema, diverse sono le imprecisioni e le approssimazioni che si susseguono, soprattutto in ambito mediatico.
La ricerca si pone l’obiettivo di favorire la comprensione delle cause eziologiche del fenomeno e di provare a ricercare i fattori di rischio, di stampo sociale, culturale e ambientale.
Metodologia
Il progetto di ricerca, della durata di un anno (aprile 2022 – aprile 2023), è stato condotto utilizzando metodi sia qualitativi che quantitativi.
Primariamente è stata condotta un’indagine qualitativa per avere una panoramica generale sulla condizione urbana di Milano, sia mediante interviste dirette che trascrizioni di interviste realizzate in precedenza.
Di estrema rilevanza lo svolgimento di una ricerca etnografica (mediante osservazione dissimulata) dell’area metropolitana di Milano. La ricerca sul campo è stata realizzata effettuando sopralluoghi nelle nove circoscrizioni in cui è diviso il territorio comunale. Sono stati presi in considerazione non solo i Nuclei di Identità Locale (quartieri)[1] ritenuti ad alto rischio per il fenomeno di studio, ma si è cercato di delineare una prospettiva quanto più globale delle criticità ed eventuali potenzialità del territorio.
Inoltre, sono stati condotti due questionari semi-strutturati self-report compilati in forma anonima, uno relativo alla percezione del rischio di criminalità urbana e uno dedicato al rapporto tra giovani e legalità.
Il territorio dell’area metropolitana di Milano
Milano, non solo come città, ma come centro di un esteso, denso e complesso sistema urbano, rappresenta una delle più interessanti sfide metropolitane in Italia. Secondo il rapporto Istat “Profili delle città metropolitane” nel 2022 Milano è risultata la città metropolitana con la più elevata densità imprenditoriale e la seconda città sia con la quota più elevata di comuni ad alta urbanizzazione sia per densità di popolazione (2.040 abitanti per kmq).
Secondo le teorie economiche ortodosse sul ruolo delle città, concentrare tante persone in un luogo dovrebbe stimolare la proliferazione di nuove idee e tecnologie che vadano a migliorare la produttività e la crescita economica di quello stesso territorio. In realtà però le cose non sempre sono così semplici. Difatti, l’effetto redistributivo dei benefici prodotti dalla crescita generata dalle grandi città – il cosiddetto spillover - sembra aver esaurito il suo effetto. Non solo negli ultimi decenni le diseguaglianze economiche sono tornate ad aumentare, ma hanno assunto sempre più una dimensione spaziale oltre che sociale. La città contemporanea appare come il risultato dello sviluppo capitalistico fondato sul presupposto dell’illimitatezza delle risorse e sul prospetto illusoria di crescita infinita che si oppone all’idea di centro urbano quale motore di aggregazione sociale.
Di seguito alcune delle osservazioni raccolte durante l’attività di indagine.
Zona 1 – Centro storico
Il Municipio 1 comprende i seguenti quartieri: Duomo, Brera, Vigentina (viale Beatrice d'Este), Ticinese, Guastalla, Magenta-San Vittore, Parco Sempione, Giardini Porta Venezia, Pagano e Sarpi.
In particolare:
- Zona Duomo – Piazza dei Mercanti
Secondo il report redatto dagli investigatori dell’Arma dei Carabinieri del Comando provinciale di Milano, questa zona sarebbe presieduta dalla gang denominata “Barrio Banlieue”.
La piazza è conosciuta per diversi episodi violenti accaduti negli ultimi anni, come per esempio la maxirissa che si è verificata tra circa cinquanta ragazzini nel giugno 2021, ma anche episodi di accoltellamenti e rapine, sempre per mano di giovani ragazzi.
Presenza fissa di due militari all'inizio di Via Dante. Si sono riscontrati diversi controlli da parte di poliziotti in borghese sia in Corso Vittorio Emanuele sia in Via Dante.
La zona, essendo di passaggio, è mediamente affollata. Durante il sopralluogo (pomeridiano – serale), la presenza di gruppi di ragazzi sostanti nell’area di Piazza dei Mercanti è abbastanza costante, con ricambi continui.
L’età media dei membri è tra i 15 ai 22 anni, con alcuni esponenti in età preadolescenziale (< 10 anni). Presenza di alcuni elementi aventi un’età sensibilmente superiore (30-35 anni), che svolgono attività di controllo e coordinamento.
I gruppi sono composti in modo eterogeneo, sia da ragazzi che ragazze, per la maggior parte di seconda generazione[2]. Data la numerosità del gruppo, si formano spesso gruppetti più piccoli. Oltre a ciò, si è notato come ci sia molta autonomia nei movimenti da parte di tutti i componenti del gruppo, in quanto si sono osservati numerosi "via vai" di ragazzini tra la piazza e le zone limitrofe (es. McDonald's, Corso Vittorio Emanuele ecc.).
Si è svolta un'osservazione all'interno del McDonald's di Piazza Duomo, durante la quale si è potuto osservare da vicino i ragazzini che stazionano tra il fast food e Piazza dei Mercanti. Si osservato inoltre come questi ragazzini prestassero molta attenzione a ciò che li circondava e a possibili cambiamenti o situazioni sospette nell'ambiente a loro circostante.
Alcuni giovani precedentemente visti nella piazza, sono stati successivamente visti da soli o in coppia stanziali in diversi punti di Corso Vittorio Emanuele. Altri sostano sotto la metropolitana (fermata Duomo), e si appostano in angoli nascosti.
Durante i sopralluoghi si è constatato come questo gruppo incarni gran parte delle caratteristiche tipicamente attribuibili a gang giovanili, anche per l’attuazione di condotte criminali.
- Colonne di San Lorenzo
Zona conosciuta per episodi di microcriminalità, soprattutto in prossimità delle Colonne fronte Basilica di San Lorenzo.
Presenza di diverse telecamere da parte di privati puntate su via pubblica Parco Giovanni Paolo II (Parco delle Basiliche): zona Piazza Vetra non perlustrabile da esterno per presenza lavori.
Non si riscontrano sedi delle Forze dell'Ordine nelle immediate vicinanze (le più vicine sono la Polizia di Stato - Commissariato Porta Ticinese e la Polizia Locale di Milano - Reparto Radiomobile, situata in Via Pietro Custodi).
Nelle ore serali presente un numero elevato di spacciatori.
Zona 2
Il Municipio 2 comprende i seguenti quartieri: Stazione Centrale-Ponte Seveso, Gorla-Precotto, Adriano, Padova-Turro-Crescenzago, Isola, Maciachini-Maggiolina, Greco-Segnano e Loreto-Casoretto-Nolo.
In particolare:
- Quartiere Padova
A partire da aprile 2021 sono iniziati i lavori di riqualificazione, con un investimento complessivo da parte del comune di Milano di ca. 3 milioni di euro. Il progetto prevede l’ampliamento e il rifacimento dei marciapiedi, la realizzazione di 8 nuove piazze di quartiere, la piantumazione di 230 alberi. Da segnalare anche il Patto “Tunnel Boulevard”, un processo di rigenerazione dello spazio pubblico di Via Pontano e dei tunnel ferroviari, con azioni di design sociale e arte pubblica al fine di aumentare la vivibilità degli spazi aperti del quartiere e di trasformare il cavalcavia ferroviario da spazio abbandonato a luogo di creatività urbana e di incontro sociale.
Ciononostante, permangono alcune zone a rischio. Ne è un esempio Via Arquà, una traversa di Via Padova, spesso teatro di aggressioni, spaccio di stupefacenti, risse e rapine.
Durante l’osservazione è si è assistito a uno scambio di merce rubata tra due giovanissimi all’altezza del sottopasso in Viale Monza in prossimità di Rovereto.
Non è stato possibile visionare all’interno Parco Trotter (ingresso Via Padova) per l’eccessiva presenza di persone sospette.
- Stazione Centrale di Milano
Uno spazio sociale altamente differenziato, spesso nelle prime pagine di cronaca per atti criminali e situazioni di disagio sociale.
La zona è presidiata dalla Forze dell’Ordine e sono presenti delle camionette dell’Esercito Italiano nella piazza antistante la stazione.
Presenza elevata di persone senza fissa dimora, di diverse nazionalità ed età (compresi anche ragazzi minorenni). Si evidenziano situazioni ad alto rischio per alcolismo e tossicodipendenza.
Zona 3
Il Municipio 3 comprende i seguenti quartieri: Cimiano, Rottole-Quartiere Feltre, Buenos Aires-Porta Venezia-Porta Monforte, Città Studi, Lambrate-Ortica, Loreto e Parco Forlanini-Cavriano.
In particolare:
- Città Studi
Durante l'osservazione, la zona si è presentata tranquilla, seppur molto affollata di giovani studenti sia nella zona della metropolitana alla fermata Piola, sia in Piazza Leonardo da Vinci. Si è posta particolare attenzione alle due zone sopracitate proprio in virtù degli episodi riportati dai media.
In particolare, in Piazza Leonardo da Vinci si è dedicata particolare osservazione, senza riscontrare nessun elemento degno di nota. La zona della fermata Piola invece, si è riscontrato essere molto più tranquilla rispetto a qualche anno fa, quando invece si presentava come un luogo molto attivo per lo spaccio.
Si è effettuato un secondo sopralluogo in orario serale, più precisamente dalle 19.30 alle 22 circa. Nonostante la serata piovosa si è riscontrato un gruppo di giovanissimi, presumibilmente minorenni, che è rimasto nel parco indisturbato per tutta la durata dell'osservazione. Il gruppo presentava alcune caratteristiche del fenomeno oggetto di studio.
- Parco Lambro
La zona si presenta tranquilla, seppur molto popolare. Si è prestata particolare attenzione alla zona del parco adiacente alle case popolari, in quanto vi era la presenza di bambini e ragazzi di tutte le età. Inoltre, si è notato essere un importante punto di aggregazione per la comunità, in particolare per i più giovani.
Altro spazio di aggregazione si è visto essere l'Associazione Comunità Il Gabbiano sita in Via Elio Vittorini, luogo apparentemente molto frequentato dai ragazzini della zona.
Non si è rilevata la presenza di Forze dell'Ordine.
- Lambrate
Nei pressi della stazione ferroviaria (Piazza Bottini) si assiste a situazioni di bivacco, spaccio e consumo di sostanze stupefacenti. Forte l’analogia con la condizione presente nella zona di Stazione Centrale, anche se in misura più ristretta.
Criticità riscontrata su linea autobus 54 (che viaggia tra Stazione Lambrate M2 e Duomo M1 M3). Segnalati episodi di aggressioni, soprattutto in orari serali.
Zona 4
Il Municipio 4 comprende i seguenti quartieri: Corsica, XXII Marzo, Umbria-Molise-Calvairate, Ortomercato, Taliedo-Morsenchio-Forlanini, Monluè-Ponte Lambro, Triulzo Superiore, Rogoredo-Santa Giulia, Lodi-Corvetto e Porta Romana.
In particolare:
- Corso XXII Marzo
Corso XXII Marzo nello specifico si presenta molto trafficato, motivo per cui ci si è concentrati sull'osservazione dei parchi limitrofi quali Largo Mariani d'Italia e Piazza Grandi, nei quali non sono stati riscontrati elementi degli di nota.
Particolare attenzione è stata posta anche al McDonald's antistante le case popolari di Via Pietro Calvi, senza riscontrare particolari situazioni problematiche. Piazza Cinque Giornate, anch'essa molto trafficata, non ha prodotto particolari informazioni.
Si è studiata la zona circostante la fermata del passante di Porta Vittoria, in quanto sono stati documentati ripetuti episodi di aggressioni fisiche da parte di ragazzini minorenni contro (prevalentemente) studenti. Attraverso Viale Umbria siamo arrivate in Piazzale Martini, per poi proseguire per Piazzale Libia. Le zone erano tranquille e non sono stati osservati fenomeni particolarmente rilevanti.
- Calvairate
All'interno del Parco Alessandrini è stata rilevata la presenza di una pattuglia della Guardia di Finanza. A parte ciò, nella zona non sono stati riscontrati altri particolari controlli da parte delle Forze dell'Ordine.
Da Piazza Insubria al parco antistante a essa (in Via Laura Ciceri Visconti) si è osservata la presenza di adolescenti che, singolarmente o in coppia (per mezzo di monopattini), facevano avanti e indietro tra i due parchi.
Il parco è risultato essere il principale luogo pubblico di aggregazione della zona, sia per i più piccoli che per i ragazzi più grandi. Nella zona sono presenti diversi blocchi residenziali popolari (gestiti da ALER - Azienda Lombarda Edilizia Residenziale), in evidente necessità di lavori di ristrutturazione.
La maggior parte degli esercizi commerciali presenti in Via Laura Ciceri Visconti erano chiusi o con serrande abbassate nonostante i sopralluoghi siano avvenuti in giorni feriali e in orari lavorativi.
- Corvetto
È evidente che la gente che vive in questo quartiere si sente parte di una comunità a sé stante e le persone che non ne fanno parte vengono viste con sospetto.
Elevata la presenza di famiglie con bambini e adolescenti, che trascorrono la maggior parte del tempo tra le vie del quartiere e i parchetti circostanti.
- Rogoredo
La prima parte dell'osservazione è stata effettuata nei pressi dell'uscita della stazione metropolitana, nella quale è stata sottolineata la coesistenza di due realtà opposte: nella parte retrostante vi son palazzi di nuova costruzione ed esteticamente molto curati; nella parte antistante alla stazione la situazione delle abitazioni è prevalentemente degradata. Questo dualismo caratterizza molti nuclei di identità locale (NIL) di Milano.
Proseguendo sul parco retrostante alla stazione, si è notata la presenza di un gruppo di ragazzi, sicuramente di età inferiore ai 18 anni, che, nonostante la presenza di pioggia debole, stanziavano all'interno del parco. Era un gruppo misto non molto numeroso, erano molto tranquilli e chiacchieravano tra di loro. Quando la pioggia è diventata più fitta, si sono spostati in un luogo riparato.
Continuando l'osservazione nei pressi del parco, si evidenzia la presenza massiccia del fenomeno dello spaccio e consumo di stupefacenti.
Infine, attraversando il sottopassaggio della metropolitana, l'osservazione è stata spostata all'entrata principale della stazione in cui vi era un mezzo “SUV” della Guardia di Finanza e il cane antidroga per effettuare controlli a campione su persone e veicoli parcheggiati.
Zona 5
Il Municipio 5 comprende i seguenti quartieri: Porta Vigentina-Porta Lodovica, Scalo Romana, Chiaravalle, Morivione, Vigentino, Fatima, Quintosole, Ronchetto delle Rane, Gratosoglio, Missaglia-Terrazze, Quartiere Stadera, Quartiere Chiesa Rossa-Torretta, Conca Fallata, Tibaldi, Parco delle Abbazie, Parco dei Navigli e Cantalupa.
In particolare:
- Gratosoglio
Il quartiere si presenta tranquillo, quasi deserto, in quanto non si hanno particolari punti di aggregazione.
Vi è un'alta densità di case popolari e pochi esercizi commerciali.
Zona 6
Il Municipio 6 comprende i seguenti quartieri: Ticinese-Conchetta, Moncucco-San Cristoforo, Barona, Cantalupa, Ronchetto sul Naviglio-Lodovico il Moro, Giambellino, Porta Genova, Bande Nere, Lorenteggio, Parco dei Navigli e Washington.
In particolare:
- Giambellino / Lorenteggio
Da circa 3 anni è stato avviato il piano di trasferimento delle famiglie con regolare contratto presso le abitazioni popolari. Di conseguenza, diversi alloggi sono stati lasciati vuoti in attesa di essere abbattuti. Questa condizione ha permesso il proliferare del fenomeno dell’abusivismo. In relazione ai residenti, si tratta di circa 100 persone, di cui la metà sono minori. In alcune delle cantine degli stabili ALER (Azienda Lombarda Edilizia Residenziale) si possono trovare basi per il deposito e il confezionamento di droga, come rilevato anche dai blitz effettuati dal Commissariato Lorenteggio della Polizia di Stato nel gennaio 2023.
L’ALER, per ovviare a tale problematica, ha lastrato o murato le porte e finestre delle abitazioni. I sopralluoghi effettuati hanno permesso di constatare la scarsa efficacia della soluzione attuata, considerata la permanenza di abusivi negli alloggi.
- Barona
Nel distretto si trova il quartiere popolare “Domus Teramo” (le case color salmone) del Settore case popolari del Comune di Milano. Sul lato opposto si trova invece il quartiere ALER di Via Don Primo Mazzolari, che comunemente viene chiamato anch’esso Quartiere Teramo (per via della vicinanza con il parco Teramo).
L’area è diventata celebre dopo l’uscita della serie tv “Blocco 181”, che racconta una versione romanzata della vita di quartiere di periferia e delle dinamiche interne ai blocchi residenziali popolari.
In Piazza Donne Partigiane sorge il centro di aggregazione sociale Barrio’s, nato nel 1997 grazie alla collaborazione tra Comunità Nuova Onlus, guidata dal suo presidente Don Gino Rigoldi, l’Associazione Amici di Edoardo Onlus e il Comune di Milano, il quale ha concesso lo spazio. All’interno del centro sono a disposizione di tutti il CineTeatro Edi, una sala prove, un laboratorio informatico e aule per attività educative e formative, il locale bar con le attività di ristorazione e di musica dal vivo.
Durante il sopralluogo si è potuta notare la presenza di giovanissimi che si ritrovano nello spazio esterno, soprattutto per attività di skating.
Zona 7
Il Municipio 7 comprende i seguenti quartieri: Porta Magenta, Muggiano, Baggio-Quartiere degli Olmi-Quartiere Valsesia, Forze Armate, San Siro, De Angeli-Monte Rosa, Stadio-Ippodromo, Quarto Cagnino, Quinto Romano, Figino e Pagano.
In particolare:
- Baggio
Negli ultimi anni, specialmente dopo la riqualificazione del Parco delle Cave, le cose sono decisamente migliorate.
Durante il sopralluogo si è notata la presenza di diversi gruppi di adolescenti in prossimità della biblioteca (Via Pistoia 10), che sembra essere un luogo di ritrovo per le generazioni più giovani. In un luogo adiacente, si è notata la presenza di spazi adibiti a eventi di carattere sociale e di consapevolezza del territorio.
Il quartiere è caratterizzato da una fitta presenza di associazioni, mentre le parrocchie svolgono un ruolo importante creando condizioni di coesione anche con i nuovi arrivati.
- San Siro
Delle iniziali 6.000 unità immobiliari di Edilizia Residenziale Pubblica, la situazione attuale è la seguente:
- n. u.i. 1.416 vendute
- n. u.i. 295 in regime di fuori ERP
- n. u.i. 3.991 Servizi Abitativi Pubblici (SAP) – di cui n. 2.521 attualmente assegnate, n. 785 occupate abusivamente, n. 101 sfitte, n. 572 in fase di manutenzione
- n. 12 in vendita
- n. 22 Servizi Abitativi Transitori (SAT)
- n. 272 in valorizzazione
La condizione attuale del quartiere San Siro è ben descritta in una recente ricerca di Nuvolati e Terenzi dell’Università Bicocca: “Qualità della vita nel quartiere di Edilizia Popolare a San Siro, Milano”. Dai risultati della ricerca emerge che il 44% dei nuclei residenti nell’ERP ha un reddito ISEE/ERP inferiore o uguale a 7319,00 €/anno e il 30% vive con un reddito ISEE/ERP inferiore o uguale a 15146,00 €/anno. Il 74% delle famiglie vive in una condizione economica di evidente difficoltà, a causa della presenza di importanti sacche di lavoro povero, disoccupazione e pensioni sociali, determinando, sempre stando ai dati, un tasso di morosità del 49% tra i nuclei residenti. Inoltre, la composizione demografica vede la presenza di un 28,1% di popolazione over 70, il 6,1% tra i 66 e 69 anni, il 54,01% trai 19 e 65 anni, il 3,6% tra i 15 e 18 e infine un 8,2% tra gli 0 e 14 anni. Infine, nel quartiere sono presenti 851 persone con disabilità psichica, di cui il 58% vivono sole e il 29% sono a carico di un solo familiare.
È un territorio caratterizzato da una profonda diversità culturale: si stimano circa 12.000 abitanti, di cui il 50% dei quali di origine straniera, in cui convivono soggetti di ben 84 diverse nazionalità oltre quella italiana.
Si tratta di un quartiere a due facce: in fondo a Via Novara, a ridosso dello stadio, accanto al verde dell’ippodromo (Via Matteo Civitali), è presente un’area residenziale abbastanza curata. A partire dall’incrocio Via Civitali - Via Pier Alessandro Paravia, lo scenario si modifica nettamente.
Lo stato degli edifici e dei cortili è di assoluto degrado, con evidenti problematiche igieniche o di infiltrazioni di acqua. Sui marciapiedi si trovano cumuli di rifiuti e oggetti ingombranti abbandonati.
Durante il sopralluogo nella zona, sono state perlustrate alcune delle aree considerate a maggior rischio, come Via Zamagna e Piazzale Selinunte. Quest’ultimo, un ampio spazio con un parco dove si ritrovano famiglie e ragazzi, ricorre spesso nelle canzoni dei rapper residenti in zona quale luogo di aggregazione e, allo stesso tempo, di simbolo della precarietà del territorio.
L’area è stata osservata in due giornate diverse in orario pomeridiano; la scarsa accettazione e la diffidenza verso coloro che non risiedono nel quartiere risultano evidenti.
Accertate attività di spaccio, anche svolte da minorenni. Riscontrata presenza delle Forze dell’Ordine.
Il quartiere San Siro sembra riprodurre la realtà di una banlieue nostrana in cui criminalità e povertà si intersecano, dando vita a un vero e proprio “ghetto urbano”, emarginato dalle opportunità di rivalsa economica e sociale presenti in altri quartieri meno periferici.
Zona 8
Il Municipio 8 comprende i seguenti quartieri: Tre Torri, Trenno, Gallaratese-San Leonardo-Lampugnano, QT8, Lotto-Fiera, Portello, Pagano, Sarpi, Ghisolfa, Villapizzone-Cagnola-Boldinasco, Maggiore-Musocco-Certosa, Cascina Merlata, MIND-Cascina Triulza, Roserio, Stephenson, Quarto Oggiaro-Vialba-Musocco e Parco Bosco in città.
In particolare:
- Quarto Oggiaro
Si tratta quasi di una piccola città nella città, sia per la mole di abitanti (ca. 35 mila) sia per la conformazione territoriale che rende Quarto Oggiaro un quartiere isolato e staccato dall’area metropolitana. Anche per questo motivo è presente una forte identità di quartiere.
Ad oggi il quartiere si dimostra molto cambiato, con le oltre cento associazioni presenti, il recupero edilizio e la riqualificazione di strade, parchi e siti storici e artistici. Rimangono delle aree critiche, come nella maggior parte delle zone periferiche della città, ma l’etichetta di “Bronx” milanese non sembra più rappresentare il territorio.
Zona 9
Il Municipio 9 comprende i seguenti quartieri: Porta Garibaldi-Porta Nuova, Isola, Niguarda, Ca' Granda-Prato Centenaro-Fulvio Testi, Bicocca, Bovisa, Farini, Dergano, Affori, Bovisasca, Comasina, Bruzzano, Parco Nord, Maciachini-Maggiolina e Greco.
In particolare:
- Quartiere Garibaldi – Repubblica
Da segnalare corso Como per alcuni recenti episodi di rapina, spaccio, rissa e furti. Nella zona sono presenti diversi locali e discoteche, con conseguente forte affluenza di persone anche in orari notturni.
Note
[1] I NIL rappresentano aree definibili come quartieri di Milano, ma non sono delineati come unità amministrative dai confini rigidi in quanto corrispondono ad ambienti dai confini variabili, in grado di modificarsi e sovrapporsi l’uno nell’altro. Questa riorganizzazione è entrata in essere con l’approvazione del nuovo Piano Generale del Territorio da parte del Comune di Milano, con delibera consiliare n.16 del 22/05/2012.
[2] Con il termine “seconda generazione” si intendono i figli di immigrati nati in Italia o giunti nel nostro Paese nei primi anni di vita.
Risultati
Baby gang: il corretto uso di un termine impropriamente abusato
Dare una definizione al termine “baby gang” non risulta essere un’operazione semplice, ed è proprio tale indefinitezza che, spesso, ne comporta un uso improprio. I recenti avvenimenti di aggressioni giovanili nel territorio italiano hanno posto l’interrogativo se sia opportuno rifarsi alla letteratura sulle gang come chiave di lettura del fenomeno.
Secondo lo “United States Department of Justice” con il termine “baby gang” si designa un’associazione o un’organizzazione formata da un gruppo di coetanei che presenta tali caratteristiche:
- la presenza di tre o più membri;
- l’età dei membri compresa tra i 10 e i 22 anni;
- la presenza di un nome e di altri simboli d’identificazione (vestiti, scelta di colori, linguaggio, graffiti);
- la presenza di un territorio di appartenenza su cui si impone uno specifico controllo da parte dei membri della gang;
- il coinvolgimento in comportamenti delinquenziali e in attività criminali attuati sia individualmente che collettivamente.
(United States Department of Justice, Bureau of Justice Assistance; 1997)
Una prima riflessione riguarda l’origine del termine e degli studi connessi; le interpretazioni si sono basate spesso assumendo come riferimento concetti e teorie dagli studi anglosassoni, specie di provenienza statunitense. Ciò crea una certa discrepanza con il contesto europeo, dove l’espressione non proviene dal risultato delle indagini empiriche sul territorio, ma si basa su un’estensione paradigmatica dello stesso, volta a riferirsi, in generale, alla delinquenza giovanile di gruppo.
Un altro tema importante riguarda il concetto di “organizzazione”: ritenere questi gruppi come aventi una struttura stabile volta a ottenere un determinato scopo comune, pone in essere delle criticità. All’interno di questi gruppi, spesso non si trova un’azione coordinata, ma una fluidità di comportamento, schemi relazionali e obiettivi. Anche l’età dei membri si dimostra molto variabile, con casi di affiliazioni di bambini in età inferiore ai 10 anni. I legami reciproci sono basati su sentimenti di amicizia, solidarietà, lealtà e rispetto. La figura del leader non è sempre facilmente individuabile e non si rileva in tutti i gruppi.
Queste osservazioni non vogliono sminuire il lavoro di colleghi o ritenere implausibile l’esistenza di bande giovanili, ma si vuole rifuggire dalle semplificazioni che nascono da un uso non corretto del termine, che porta a considerare il fenomeno come un’entità omogenea e definita. Tale rappresentazione è spesso propinata dai media, che utilizzano una narrazione evocativa e suggestiva, inducendo la popolazione a reputare il fenomeno allarmante e in costante crescita.
L’ultimo report del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità smentisce uno stato emergenziale. Il numero di minorenni e giovani adulti in carico agli uffici di servizio sociale dal 2007 al 2022 si dimostra pressoché stabile. Sebbene vi sia una normale oscillazione, i dati non mostrano segnali di preoccupante incremento della delinquenza minorile nel territorio italiano (Allegato 1).
Allegato 1
Minorenni e giovani adulti in carico ai Servizi minorili (Dati riferiti alla data del 15 maggio 2023 - Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità)
Diversa invece la percezione da parte delle persone. Secondo un questionario somministrato a oltre 250 volontari, il 51,9% ritiene che, nell’ultimo anno, il livello di sicurezza percepita nel territorio sia peggiorato, seguito da un 43% del campione che non ha constatato nessun cambiamento sostanziale rispetto all’anno precedente (Allegato 2). Per il solo fenomeno delle baby gang, l’82,5% lo considera come in continuo aumento (Allegato 3).
Allegato 2
Tratto da questionario Percezione del rischio di criminalità urbana
Allegato 3
Tratto da questionario Percezione del rischio di criminalità urbana
Queste costanti attivazioni mediatiche assumono il carattere di panico morale, ondate emotive nelle quali un gruppo di persone viene definito come minaccia per i valori di una società (Cohen, 1972); in questo prospetto, le gang si inseriscono quali folk devil, il nemico pubblico da combattere. Una concezione problematica, che spesso giustifica la preferenza per l’intervento di strumenti esclusivamente punitivi piuttosto che educativi.
Il fenomeno dello street bullying
Testate nazionali e locali parlano di “onda baby gang” che imperversa nelle strade di Milano. Un racconto confuso tra giustizialismo e denuncia sociale, che alimenta la rappresentazione di una città “far west” che non corrisponde alla realtà. Il linguaggio mediatico attira l’attenzione su “città assediate” da questi gruppi e il fenomeno viene presentato in aumento. In questo modo, la percezione sociale si trasforma in paura collettiva.
«Il termine baby gang è più immediato a livello comunicativo, però non solo dà molto spesso una rappresentazione distorta della realtà ma può anche generare ulteriori danni: identificazione, emulazione e compiacimento. E una responsabilità si ha pure nei confronti delle vittime, soggetti sui quali richiamo l’attenzione: ragazze e ragazzi che hanno diritto di avere supporto e rispetto da parte di tutti», ha dichiarato Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza.
Il termine “gang” rimanda a un’organizzazione strutturata dedita alla malavita, alla realizzazione di attività illecite. È un’espressione altamente stigmatizzante, costruita partendo da un ritratto univoco e quasi stereotipato della figura del gangster presente nella letteratura e cinematografia americana.
Giungere a un tentativo di classificazione e definizione è molto complesso, come trovare i fattori per distinguere le gang da qualsiasi altro tipo di aggregazione giovanile.
In genere tra gli studiosi europei si ritiene che le bande facciano essenzialmente parte di un continuum di gruppi giovanili che presentano semplicemente una serie più complessa di problemi e un più forte orientamento delinquenziale; i ricercatori americani, invece, ritengono che le bande rappresentino un tipo qualitativamente distinto di gruppo (Klein et alii, 2001) e quando l’attività criminale raggiunge un tale punto che viene a definire l’identità di gruppo, è in quel momento che si costituisce la svolta nella determinazione del fenomeno.
Le vicende che giungono all’attenzione mediatica, spesso esprimono, in forme e intensità diverse, i tratti propri delle fasi di sviluppo adolescenziale: le provocazioni verso gli adulti, le trasgressioni alle regole, la ribellione all’ordine costituito, il conflitto con rivali o avversari agito sulla scena pubblica (Prina, 2019).
Si assiste a una generale tendenza verso una maggiore precocità delle ultime generazioni in tutti i comportamenti sociali, compresi quelli devianti. L’esplosione della rabbia repressa oggi sembra convergere con un’età sempre più precoce. Possiamo identificare la manifestazione di tali dinamiche devianti in due aree. La prima riguarda quella dei comportamenti violenti e aggressivi che si manifestano negli spazi pubblici, nelle relazioni interpersonali o insieme ad altri (si pensi al bullismo). La seconda area riguarda invece l’assunzione di condotte autolesive sulla dimensione dei consumi di beni (droghe, alcol, gioco d’azzardo) o sulla propria sofferenza sul piano psicologico (anoressia, hikikomori, tentativi di suicidio, ecc.). Spesso queste due forme si intersecano e si influenzano a vicenda.
Per tutti i motivi sopra elencati, si è pensato di far riferimento al fenomeno in studio con l’espressione “street bullying” (o bullismo di strada). La volontà è quella di unire il concetto di rapporto con il territorio (street) con quello di bullismo.
La questione territoriale è centrale nello studio, non solo delle bande (street gang), ma in generale di tutti quei fenomeni che riguardano individui e organizzazioni che trascorrono una quantità sproporzionata di tempo per le strade dei grandi centri urbani.
Nei quartieri che abbiamo analizzato, la precarietà delle condizioni abitative spinge i più giovani a cercare un luogo dove possa instaurarsi la socializzazione con i coetanei. Se questo non può avvenire all’interno delle mura domestiche, la strada (“il quartiere”) assume una funzione formativa.
Il territorio è vissuto anche in maniera dicotomica: da un lato l’appartenenza al proprio quartiere è vista come motivo di vanto e come celebrazione delle proprie origini, dall’altro le criticità presenti in quelle aree si scontrano con le condizioni di benessere e agio delle vie limitrofe.
Olweus considera l’aggressività che caratterizza il “bullo” come una risposta comportamentale e non come impulso irrefrenabile che rimanderebbe a concetti psicodinamici. Tali manifestazioni di violenza devono necessariamente seguire quattro parametri:
- Intenzionalità: si intende la deliberata scelta di fare del male emotivamente e/o fisicamente a una terza persona. Tale dinamica implica la consapevolezza da parte del soggetto agente che tale azione avrà una conseguenza negativa sulla persona e la volontà di muoversi con questo preciso scopo.
- Sistematicità: le prevaricazioni sono protratte nel tempo in maniera continua.
- Asimmetria: il bullo percepisce una qualche forma di superiorità nei confronti della vittima. Anche a livello motivazionale, il bullo è spinto da un incentivo agonistico, con un forte bisogno di dominare l’altro (Liotti, 2001).
- La natura sociale: gli episodi avvengono frequentemente alla presenza di altri compagni, che possono assumere un ruolo di rinforzo del comportamento o sostenere, e in qualche modo legittimare, tali azioni.
Il bullo si caratterizza per una spiccata tendenza alla conflittualità e all’impulsività; vanta spesso un certo grado di superiorità, vera o presunta. La rabbia rappresenta un’emozione prevalente e facilmente presenta una bassa tolleranza alla frustrazione, unita anche a un’evidente fatica nel rispetto delle regole e delle prescrizioni altrui.
Nel caso specifico, la rabbia di questi adolescenti viene rivolta verso coloro che non appartengono alla loro stessa comunità o gruppo sociale. Le vittime sono scelte in modo più o meno casuale, anche se vengono preferiti pari o persone di minore prestanza fisica.
Un altro pattern rilevante riguarda la manifestazione di aggressività, spesso non esercitata ma solo esibita, come ad esempio sui social media. L’immagine costruita di questi giovani racconta di una maschera che viene utilizzata per non carpire i segnali di profondo disagio che investono questa generazione. Su Instagram, TikTok e su YouTube, vengono diffusi video (o videoclip musicali) dove vengono mostrati armi da taglio e da sparo, soldi e gestualità tipicamente attribuita a gang.
Il rapporto con la famiglia
Le caratteristiche delle famiglie di giovani ragazzi devianti possono variare, ma ci sono alcune tendenze comuni che emergono in diversi studi sul tema. Alcune delle caratteristiche delle famiglie di giovani ragazzi devianti possono includere:
- Dinamiche familiari disfunzionali: le famiglie di giovani ragazzi possono avere dinamiche familiari disfunzionali, come la mancanza di comunicazione aperta, l'isolamento e la mancanza di sostegno emotivo.
- Bassa supervisione e controllo genitoriale: i genitori potrebbero non esercitare un controllo adeguato sul comportamento dei loro figli e non monitorare attentamente le loro attività.
- Inadeguatezza educativa: i genitori potrebbero non avere la capacità o le risorse per fornire ai loro figli un ambiente educativo adeguato e sostenere il loro apprendimento.
- Conflitto familiare e violenza domestica: le famiglie di giovani ragazzi devianti potrebbero essere caratterizzate da conflitti familiari, violenza domestica e abusi.
- Coinvolgimento genitoriale nel comportamento deviante: in alcuni casi, i genitori possono essere coinvolti nel comportamento deviante dei loro figli o addirittura incoraggiarlo.
- Povertà e condizioni socioeconomiche sfavorevoli: le famiglie di giovani ragazzi devianti potrebbero vivere in condizioni socioeconomiche sfavorevoli, come la povertà, che possono contribuire allo sviluppo di comportamenti devianti.
Tuttavia, è importante sottolineare che non tutte le famiglie con queste caratteristiche generano giovani ragazzi devianti e che ci sono molteplici fattori che possono contribuire alla devianza. Inoltre, è possibile che le stesse caratteristiche siano presenti in famiglie di giovani ragazzi non devianti, ma in misura inferiore o con una diversa combinazione.
In generale però, si è riscontrato come un ambiente familiare stabile e di supporto emotivo può aiutare i giovani a sviluppare le risorse interne necessarie per affrontare le sfide della vita in modo positivo e costruttivo. Si prenda come riferimento uno studio dal titolo “Struttura familiare e comportamenti devianti in Italia: uno studio effettuato attraverso il metodo del self-report”, il quale è inserito in un più ampio progetto di ricerca internazionale coordinata dall’Istituto di Criminologia e Diritto Penale dell’Università di Losanna. Lo scopo dei ricercatori è stato quello di rilevare la frequenza e l’andamento dei comportamenti devianti autodenunciati nella popolazione giovanile, dei fattori di rischio della devianza minorile e della vittimizzazione. Si sono andati anzitutto ad indagare i ruoli delle figure genitoriali, nello specifico la carenza e/o l’assenza di cure materne nella prima infanzia, in quanto l’importanza di una “buona madre” viene considerata da molti studiosi come base indispensabile per l’integrazione dell’Io, per la formazione dell’identità, per la capacità di tollerare le frustrazioni e per il costruirsi di quella “fiducia di base”. Per quanto concerne invece la figura paterna, gli studiosi hanno voluto sottolineare come, da un punto di vista criminologico, non sia tanto importante l’aspetto della privazione paterna, quanto piuttosto quello dei rapporti perturbati, disturbati o inesistenti in presenza di tale figura.
Dai dati raccolti e analizzati è emerso come la “famiglia unita” (genitori ancora sposati e clima familiare sereno) sia il luogo ideale per prevenire la commissione di agiti antisociali; infatti, i giovani che vivono con i propri genitori hanno una concentrazione nel gruppo dei giovani “non devianti” pari all’ 92,1%. L’assenza di un genitore, piuttosto che una sua presenza deficitaria o persino la sua sostituzione, sono circostanze che costituiscono elementi di disturbo e che portano i giovani a concentrarsi all’interno di gruppi che più frequentemente attuano comportamenti che violano le regole del vivere civile. Dallo studio emerge infatti che i giovani che vivono con un solo genitore si concentrano al 10,5% nel gruppo “devianti”, riducendo la loro rappresentazione nel gruppo “non devianti” al solo 7,9%.
Invece, i giovani esposti a continui conflitti familiari hanno un maggiore disagio psicologico e sono più impulsivi e scontrosi.
Da ciò ne deriva che la violenza coniugale assistita influisce sulla condotta deviante dei giovani, inducendoli a commettere un maggior numero di agiti antisociali.
Il clima familiare assume dunque una rilevanza assai significativa sulla condotta giovanile, poiché alla presenza di conflittualità tra genitori, anche il rapporto genitore-figlio risulta più difficile. Inoltre, i giovani esposti alla conflittualità genitoriale si concentrano nel gruppo dei giovani “devianti” (14,8% vs. 7,0%) rispetto ai loro compagni che vivono in “famiglie non conflittuali”, i quali si concentrano nel gruppo dei giovani “non devianti” (93,0% vs. 85,2%).
La genesi di tali mutamenti va ricercata nei cambiamenti sociali avvenuti negli ultimi anni: si è riscontrata, infatti, l’insorgenza di strutture familiari che erano assenti o decisamente meno frequenti solo una o due generazioni addietro. Il rapido cambiamento della società, che sempre più si caratterizza per la riduzione dei matrimoni e l’aumento delle separazioni, ci fa pensare che sia in corso una vera e propria rivoluzione culturale rispetto alla concezione familiare che sta caratterizzando la società moderna (Barbagli, 2003). Una rivoluzione culturale che rischia di compromettere anche la capacità delle famiglie di conservare un dialogo con le nuove generazioni, di fatto introducendo importanti rotture di comunicazione con le generazioni future.
Il rifugio nella musica
Conquergood (1994), nella sua etnografia sulle bande a Chicago, spiega che le bande possono rappresentare "uno spazio per i giovani del quartiere per sperimentare e giocare con il simbolismo e le tradizioni delle bande senza un pieno impegno". Tale gioco con il simbolismo e le tradizioni delle gang è ben mostrato dai trapper, non solo per rafforzare i loro personaggi gangster a livello contenutistico ed estetico, costruendo la loro controversa reputazione, ma anche per promuovere la lealtà reciproca tra le loro amicizie all'interno degli stessi raggruppamenti giovanili a livello performativo e culturale-ritualizzato. Allo stesso modo, molti trapper svolgono tali attività nelle canzoni dei loro video o nelle storie di Instagram per mostrare le loro identità di gang e la fedeltà ai membri del loro gruppo.
Le nuove generazioni, all'interno della cultura trap italiana, hanno saputo mettere in atto una violenza fai-da-te come forma di intrattenimento attraverso la volontà di rappresentazione fornita da Instagram (Yar, 2012). L'adrenalina, la paura e l'eccitazione alla base della performance sensazionalistica e ludica della violenza all'interno del teatro Instagram, si proiettano verso una logica imprenditoriale e strumentalizzata ad hoc dal trap business. A volte prende la forma di un intrattenimento interattivo, altre volte come sponsorizzazione per l’uscita di un nuovo singolo.
La cultura trap italiana rappresenta il sogno italiano per le nuove generazioni in cerca di stabilità economica e di eccitazione in contrapposizione alla noia, alla paura e all'ansia di uno stile di vita mediocre, monotono e anonimo (Winlow & Hall, 2006).
L'esibizione carnevalesca della piccola criminalità è, di per sé, estrema nella cultura trap italiana e la sua commercializzazione genera proporzionalmente tanto fascino quanto odio per il pubblico che, in entrambi i casi, porta visibilità e vita al circuito.
Michele Wad Caporosso, giornalista di Esse Magazine, considera l'odio nella cultura trap italiana come una forma di amore in cui “…tutte le persone, nessuna esclusa, che insultano sui social non sono altro che prigionieri di un amore incondizionato verso le persone che vanno ad offendere”.
Finora, la cultura trap in Italia risulta fornire una rappresentazione di come i significati della violenza sovvertono il “codice della vita in strada” e perdono espressività a favore dell'intrattenimento. Il successo monetario derivante dallo “stile di vita trap” è l’obbiettivo finale, e la volontà di rappresentazione supera la volontà di violenza, o almeno quest'ultima è funzionale alla prima.
L'habitus di strada riflette molte delle canzoni della cultura trap italiana. Uno dei primi trapper a esprimere con orgoglio la propria territorialità è stato Sfera Ebbasta con il suo brano “Ciny” che sta per il suo luogo di nascita, Cinisello Balsamo in provincia di Milano. Il riconoscimento della banda e del territorio a livello nazionale come avvenuto con Sfera Ebbasta e Cinisello Balsamo, luogo per molti sconosciuto prima della fama del trapper, è motivo di orgoglio e rispetto per la maggior parte dei giovani della cultura trap italiana. Mentre Paky e Geolier comunicano i loro sentimenti di sicurezza a Rozzano e Secondigliano, Rondo Da Sosa e Daytona KK, altri due trapper rispettivamente del distretto di San Siro a Milano e Casal Di Principe in provincia di Salerno, hanno fatto notizia di recente per essere stati aggrediti da raggruppamenti giovanili. Entrambi gli attacchi sono stati premeditati e perseguiti collettivamente contro i due individui. Da ciò si evince come la sola presenza di un trapper su un territorio “straniero”, mediata pubblicamente attraverso le storie di Instagram, è sufficiente per suscitare risse.
L'umiliazione pubblica inflitta ai trapper, alle loro bande e ai loro territori, suscita una contro risposta altrettanto violenta che ha l'obiettivo di riguadagnare la reputazione perduta. Nel caso della violenza legata alle gang nella cultura trap italiana, non si tratta dunque solo di difendere il territorio della gang. Piuttosto, i combattimenti di gruppo forniscono un copione immediatamente riconosciuto per esternare l'odio e infliggere l'umiliazione necessaria e raggiungere quella visibilità che emerge dopo le violenze, soprattutto se fatte contro un personaggio famoso. Il potere simbolico del crimine, come radicato nello stile di vita culturale di strada, perde la sua espressività quando si intreccia con le dinamiche di Instagram. La mercificazione della violenza all'interno della personificazione di “personaggi gangster” ha comportato un processo di mainstreaming in cui i giovani accedono all'inautenticità dei loro comportamenti e atteggiamenti.
A prescindere dall'apprezzamento nei confronti di questi atti, il principale asset commerciale è l'odio che sfocia in commenti negativi, insulti e disgusto per lavorare come generatore di conflitti, o dissing, tra i membri della cultura trap. L'adozione di questa strategia è estremamente vantaggiosa per le carriere dei trapper, in quanto attira su di sé l'attenzione, anche se negativa, che consente loro di avere sostanziali interazioni pubbliche.
Le dinamiche dell'odio sono quindi determinanti per i processi esperienziali di Instagram nella cultura trap. In particolare, questo aspetto amplia l'indagine criminologica verso ulteriori studi sull'istigazione propagandistica e la diffusione dell'odio come logica strategica di marketing.
L’uso dei social network e i suoi riverberi negli eventi del mondo reale hanno rivelato il contesto contemporaneo in cui realtà e virtualità non possono essere studiate come due spazi distinti. La cultura trap italiana ha sfidato i presupposti della criminalità come spinta di eccitazione e adrenalina verso un modo più imprenditoriale e funzionale di intendere la violenza e le affiliazioni a gang attraverso l'uso di Instagram. È stato inoltre dimostrato come l'etichettamento dei giovani come “diavoli popolari” ha più impatto sul rafforzamento dei comportamenti e degli atteggiamenti criminali, piuttosto che sulla loro diminuzione; questo anche in virtù del fatto che i giovani potrebbero emulare i loro idoli trap senza essere consci della finzione delle esibizioni di violenze di questi ultimi nei videoclip e su Instagram.
Misure di contrasto e prevenzione
È distruggendo il nostro dolore che noi facciamo della poesia (Andrea Emo).
Come si è trattato nei paragrafi precedenti, la scelta della violenza in età adolescenziale ha molte origini. In un’intervista realizzata a Don Claudio Burgio, cappellano dell’Istituto penitenziario minorile “Cesare Beccaria” e fondatore della comunità “Kayros”, emerge il concetto di “analfabetismo” emotivo. «Quando questi ragazzi agiscono tendenzialmente non vedono la persona che hanno di fronte, vedono gli oggetti che questa persona possiede. Diventano predatori perché non riescono a sentire i sentimenti dell'altro» spiega Burgio. La carenza o la mancanza di empatia può portare ad adottare condotte aggressive, in quanto viene a mancare sia la capacità cognitiva di riflettere sul vissuto altrui, sia la risonanza emotiva circa le conseguenze del proprio comportamento sulla vittima. Quest’ultima viene oggettificata, resa un continuum con lo status sociale che rappresenta (o che l’autore pensa possa rappresentare). ). «Una rabbia generazionale, che sta emergendo in contrasto alla linea educativa di matrice esclusivamente repressiva» aggiunge Burgio. La rabbia, così come l’aggressività, può assumere una pluralità di connotazioni che vanno dall’estrema distruttività fino a costituire un’energia di spinta verso l’azione, a seconda della capacità e possibilità del soggetto di incanalare questa energia.
Spesso si tende a utilizzare come portatori dello stesso significato i termini violenza e aggressività. Come riporta un approfondimento di Zanichelli, la violenza può essere definita come un atto contro l’altro con l’intenzione di procurare una sofferenza, sia essa fisica o mentale. L’aggressività, invece, è un impulso spontaneo, una manifestazione della forza vitale, che può trasformarsi in violenza, ma anche in grinta, determinazione. Di conseguenza, il riconoscimento della violenza da parte di chi ne è autore, la cognizione di aver varcato un livello diverso da quello aggressivo, è un passaggio necessario per la comprensione delle difficoltà emotive. D’altro canto, dovrebbe essere premura delle figure educative dell’adolescente, riconoscere potenziali segnali di disagio, al fine di individuare i fattori di rischio prima che si stabilizzi il loro potere disfunzionale. Da ciò deriva la necessità di interventi che neutralizzino precocemente tali elementi prima che diventi difficile influenzarne il loro corso.
Gli spazi principali del vivere sociale che potrebbero giocare un ruolo attivo nella prevenzione di determinate condotte possono essere:
- Istituzioni scolastiche: la scuola gioca un ruolo fondamentale nella prevenzione, gestione e controllo della delinquenza minorile, in quanto luogo composto da figure che accompagnano il ragazzo attraverso la sua crescita emotiva e intellettiva. I programmi di prevenzione essenziali sono quelli offerti alle scuole con l'obiettivo di promuovere la gestione dei conflitti, la competenza sociale e l'empowerment individuale e collettivo per combattere l'impotenza caratteristica degli adolescenti a rischio (Mrazek, 1994).
Secondo una serie di studi (Farrington et al., 1991), i comportamenti aggressivi infantili, così come l'iperattività, i deficit di attenzione, l'impulsività e i comportamenti anti-sfidanti, possono spesso essere correlati alla delinquenza giovanile. Un vantaggio importante degli interventi preventivi nelle scuole è che, con poche eccezioni, la maggior parte dei bambini e dei giovani partecipa almeno fino ai primi due anni di scuola superiore, e questo aiuta a identificare precocemente i bambini con problemi comportamentali, difficoltà di apprendimento o problemi socioculturali, consentendo di attivare immediatamente interventi preventivi per singoli o gruppi, preservando così la rete tra scuola, casa e territorio.
- Centri sportivi: lo sport rappresenta un fattore rilevante nella lotta al disagio, poiché si pone come strumento principale per la socializzazione. Attraverso lo sport i ragazzi possono sviluppare le loro abilità motorie, oltre che il senso di responsabilità nei confronti della squadra e di aiuto reciproco. Inoltre, può risultare un canale attraverso il quale l'aggressività viene espressa e depurata dei suoi contenuti distruttivi o rendendo tale forza distruttrice linfa per la ricostruzione della propria identità.
A tal proposito si evidenzia la volontà della municipalità di Milano di investire su tale fattore, data l’implementazione di nuovi campi da gioco (tennis, basket, calcio, pallavolo) nelle aree sottoposte a riqualificazione.
- Centri di aggregazione giovanile (CAG): spazi solitamente dedicati ai minori dagli 11 ai 18 anni, concepiti per incoraggiare l’incontro, il confronto e la libera espressione di adolescenti e preadolescenti che vivono spesso in contesti ad alto rischio di esclusione sociale. Tali spazi offrono anche attività di sostegno scolastico e attività laboratoriali, fornendo ai ragazzi una valida alternativa alla cultura della strada e un aiuto concreto nell’affrontare problemi sia nell’ambiente scolastico sia in quello familiare.
Scuole, enti locali, servizi sociali, ma anche parrocchie e associazioni sportive possono lavorare in sinergia per offrire un unico ambiente protettivo che sostenga i giovani più vulnerabili e intervenga affinché il disagio non diventi devianza. Tutte le esperienze devono quindi basarsi sull'impegno di chi comprende e conosce il contesto del giovane e può agire su di esso per favorire un'esperienza educativa significativa e positiva.
Un piano che va in questa direzione ed è di particolare importanza è il progetto degli educatori di strada. In Italia, in alcune città come Palermo, Torino, Milano, Bologna, Napoli, sono stati adottati modelli di intervento, basati sull'idea che non siano i minori a dover essere ammessi o portati presso i servizi sociali, bensì sono gli operatori dei servizi sociali ad andare da loro; dunque, sono gli operatori stessi a muoversi verso il territorio e le persone che lo abitano. Questo programma ha come destinatari i singoli o i gruppi informali di bambini, giovani o adulti che, generalmente, si ritrovano nei luoghi in cui si opera, ma anche i soggetti a rischio di emarginazione, devianza o che già sperimentano situazioni di esclusione sociale.
Di conseguenza, i gruppi di assistenti sociali si recano nei ritrovi di quartiere, nei bar e nei centri parrocchiali e conoscono i giovani a rischio instaurando rapporti di fiducia e sostegno. Questo aiuta a raggiungere sia i giovani che non hanno mai cercato aiuto sia coloro che sono stati segnalati ai servizi sociali. L'obiettivo del progetto è creare percorsi e attività per promuovere il benessere dei giovani, neutralizzando il disagio spesso associato a questa fascia di età, collaborando con il pubblico locale per impegnarsi in attività sociali ed educative e, infine, promuovere, in generale, l’empowerment delle comunità locali (Binelli, 2022). Questo progetto cerca inoltre di limitare la partecipazione dei giovani più vulnerabili alle bande, offrendo opportunità di uscita e successiva socializzazione a chi ne fa già parte.
La messa alla prova: approfondimento
Fino ad ora sono state esaminate le possibili cause di devianza e le azioni preventive, più o meno generiche, per gestire e limitare il fenomeno. Questa sezione verrà dedicata all’approfondimento del concetto di "messa alla prova", poiché rappresenta un aspetto rieducativo di particolare interesse. Essa si basa sull'instaurazione di un rapporto di fiducia e rispetto con il giovane, volto ad offrire strumenti concreti alternativi per superare le difficoltà e riprendere in mano la propria vita.
La messa alla prova, sebbene sia una forma punitiva, costituisce un'alternativa al carcere, che potrebbe essere dannosa per un giovane in un periodo delicato come l'adolescenza. L'importanza di questa misura risiede nell'utilizzo di strumenti educativi che dimostrano ai giovani di poter superare le difficoltà che li hanno portati a comportarsi illegalmente, incoraggiandoli a sfruttare le loro potenzialità. Questa misura può essere applicata per qualsiasi tipo di reato, sia esso di piccola o grave entità. Durante questo periodo, il minore è tenuto a rispettare il progetto assegnatogli dai servizi per i minori, i quali monitorano anche il suo progresso (Maggiolini, 2018). Questo percorso coinvolge il giovane, la famiglia e gli ambienti in cui vive abitualmente, definendo le modalità di partecipazione dei professionisti della giustizia e dei servizi locali e offrendo opportunità di reinserimento per sopperire alle conseguenze del reato commesso. Durante questa fase, il giovane è tenuto ad affrontare percorsi rieducativi mirati e attività di volontariato con finalità sociali e/o professionali.
Durante tali attività, i minori hanno l'opportunità di sviluppare il senso di responsabilità e continuare il loro percorso di crescita, focalizzato sulla comprensione dei propri comportamenti. Pertanto, l'obiettivo della messa alla prova è di avere una panoramica riguardo la personalità del minore al termine del periodo previsto dal progetto, osservare il cambiamento della sua personalità dopo il reato e il progresso svolto verso il raggiungimento di un rinserimento sociale vero e proprio. Inoltre, si prevede un distaccamento dalla realtà precedente che ha contribuito alla commissione del reato. Se la valutazione della messa alla prova è positiva, il reato viene eliminato, il che significa che il giovane ha intrapreso un cambiamento positivo.
Per garantire il successo di questa soluzione giudiziaria, è necessario ottenere il consenso e la collaborazione del minore, dimostrando la sua volontà di cambiare e il riconoscimento dell'utilità dell'intervento. In tal senso, le competenze professionali degli educatori coinvolti nel programma sono cruciali, così come il coinvolgimento e il sostegno delle famiglie, che ricevono aiuto nelle dinamiche relazionali e gestionali con i propri figli.
Talvolta, può verificarsi che i giovani i cui genitori hanno precedenti penali e/o un ruolo educativo non coerente e coercitivo, o che non collaborano e non condividono il percorso penale del figlio, sono quelli che hanno maggiori difficoltà nel superare il periodo di prova (Locatelli, 2019). In conclusione, la messa alla prova rappresenta un'opportunità concreta per il giovane di ricevere aiuto, attraverso l'incontro con figure educative che offrono un percorso di consapevolezza, cambiamento e crescita, accompagnandolo nello sviluppo di un solido senso di responsabilità.
Affinché questa soluzione giudiziale abbia successo, occorre il consenso e la collaborazione del minore, che deve dimostrare propensione al cambiamento e riconoscere l'utilità dell'intervento. Per fare questo sono importanti le competenze professionali degli educatori interessati al programma e, soprattutto, il coinvolgimento e il sostegno delle famiglie che ricevono un aiuto nelle dinamiche di relazione e gestione con i propri figli.
A conclusione di questa analisi, si può affermare che la messa alla prova può essere un tempo e un luogo in cui l'aiuto può davvero realizzarsi, grazie all'incontro tra il minore e le figure educative che gli propongono un percorso di consapevolezza, cambiamento e crescita, che lo accompagnano verso lo sviluppo di un solido senso di responsabilità.
Conclusione
Il fenomeno dello street bullying risulta tanto complesso quanto poco e male analizzato nei suoi elementi intrinsechi. La continua rappresentazione degli aspetti più spettacolari e mediaticamente notiziabili del fenomeno distoglie l’attenzione verso le criticità delle dinamiche sociali di cui si è parlato nell’elaborato.
All’interno della relazione tra criminalità, territorio e percezione di sicurezza, un aspetto rilevante è dato alla progettazione degli spazi urbani. Secondo il modello descritto da Wilson e Kelling (broken window theory), una situazione di degrado urbano e sociale crea una comunità impaurita e insicura, che diventa sempre meno coesa e disposta a tutelare i beni pubblici e le proprietà altrui; ciò, a sua volta, contribuisce a peggiorare la qualità della vita e ad aumentare il numero dei reati e degli atti illeciti (Triventi, 2008). Un’attenta organizzazione e riqualificazione dal punto di vista architettonico e urbanistico può incidere positivamente sulla riduzione del sentimento di vulnerabilità e, in alcuni casi, contribuire alla diminuzione degli episodi di criminalità.
Altro tema importante riguarda la scelta della sola via repressiva, che non solo si dimostra non risolutiva, ma spesso ha effetti di rinforzo delle traiettorie criminali che si pretendono di contrastare. Il piano penale deve essere sempre accompagnato da politiche e interventi di natura sociale, civile ed educativa.
Comprendere la natura altamente stigmatizzante dei termini e delle immagini tipicamente utilizzate per descrivere il fenomeno unito all’esplorazione dei vissuti e dei bisogni dei protagonisti potrebbe permettere l’ideazione e la costruzione di alternative.
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