Il ruolo della donna nella consorteria criminale e l’articolo 416 bis
Autrice: avv. Laura Maceri
Abstract
Il presente studio esplora il ruolo crescente delle donne all'interno
delle associazioni mafiose, focalizzandosi, in particolare, sulla 'ndrangheta.
Dall'emergere di figure femminili centrali negli anni '90, queste donne sono
passate da ruoli marginali a posizioni di leadership, assumendo compiti
strategici e operativi che sfidano le tradizionali narrazioni patriarcali.
L'analisi evidenzia come l'autonomia e la discrezione delle donne mafiose
abbiano rafforzato le organizzazioni criminali, ostacolando la prevenzione e la
repressione statale. Nonostante un apparente calo degli arresti, il potere
delle donne nelle consorterie rimane forte, richiedendo una revisione delle
strategie di contrasto da parte dello Stato e della società civile.
Premessa
Lo studio di Cesare Lombroso considerava la donna un essere inferiore e
vulnerabile, privo di una vera capacità d'influenza criminale. Tuttavia, a
partire dagli anni '90, l'universo femminile ha mostrato una significativa
rottura di queste visioni arcaiche. Le donne, un tempo percepite come figure
marginali, sono ora protagoniste attive nel mondo criminale, riuscendo a
mantenere le redini delle famiglie mafiose anche in assenza degli uomini,
spesso rimanendo fuori dai radar giudiziari. Questo nuovo ruolo delle donne
richiede una rilettura critica del loro contributo all'interno delle consorterie,
per migliorare i meccanismi di prevenzione e contrasto.
L'articolo 416
bis del codice penale italiano definisce il reato di associazione mafiosa,
punendo chiunque faccia parte di un'organizzazione mafiosa. Tra gli elementi
distintivi del reato vi sono la partecipazione attiva e la forza intimidatrice,
che crea una condizione di assoggettamento e omertà. La norma si applica a
varie organizzazioni mafiose, tra cui la 'ndrangheta, e mira a tutelare
l'ordine pubblico contro l'influenza distruttiva di tali gruppi. Nel contesto
della 'ndrangheta, il ruolo delle donne è ambivalente, ma pur sempre centrale.
Negli ultimi decenni, le donne sono passate dall'essere semplici sostenitrici a
figure chiave che garantiscono la continuità dell'organizzazione, soprattutto
durante le assenze forzate degli uomini. Le decisioni che un tempo erano
imposte dal patriarcato ora vedono le donne come protagoniste autonome,
rendendole depositarie di un potere che rafforza l'associazione criminale.
Il calo degli arresti femminili negli ultimi anni potrebbe sembrare
contraddittorio rispetto all'ascesa del potere delle donne nella mafia.
Tuttavia, questo fenomeno suggerisce un'evoluzione verso una maggiore
sofisticazione nel loro ruolo criminale. Le donne, tradizionalmente coinvolte
nell'educazione criminale dei figli, hanno affinato le loro capacità di
gestione e controllo delle risorse della famiglia mafiosa, mantenendo un basso
profilo e sfuggendo alle maglie della giustizia. Queste donne non solo
organizzano e amministrano, ma incitano alla vendetta e mantengono vivi i
codici mafiosi, trasmettendoli alle nuove generazioni.
Donna: madre, sentinella, vittima e autrice
di crimini
Negli ultimi anni, il numero di arresti tra
le donne sembra essere in diminuzione. Questa tendenza solleva una domanda:
come si concilia questa riduzione con l’aumento del potere acquisito dalle
donne? I crimini attribuiti alle detenute sono prevalentemente legati a reati
contro il patrimonio, l’amministrazione pubblica e l’associazione di tipo
mafioso. Nel 2021, gli arresti per furto (art. 624 bis c.p.) sono scesi a
16.790, mentre quelli per ricettazione (art. 648 c.p.) si attestano a 2.575.
Analizzando i dati del 2021, emerge che solo l’11% delle persone denunciate o
arrestate per furto sono donne.
Questi numeri rivelano una realtà interessante: le donne arrestate sono
numericamente inferiori rispetto agli uomini, ma ciò non significa che il loro
impatto sia trascurabile. Anzi, si può sostenere che le donne mantengano un
controllo sottile ma potente sui patrimoni, agendo dietro le quinte senza
compromettersi direttamente.
Tradizionalmente,
le donne hanno svolto un ruolo cruciale nell’educazione criminale dei figli,
inculcando loro il rispetto per i padri e l’obbligo di vendetta, mentre
insegnavano alle figlie a perpetuare questi valori nelle generazioni future.
Questo ruolo rafforza l’immagine della donna come madre ed educatrice, ma anche
come figura chiave in contesti criminali.
Le donne che vivono
in ambienti mafiosi sono parte integrante di una delle più potenti “holding
silenziose” al mondo: la mafia. Con il passare del tempo, anche le
organizzazioni mafiose hanno subito trasformazioni, evolvendo sia nei metodi
operativi sia nell’emancipazione dei loro membri, donne incluse. In questi contesti, la donna-madre svolge
molteplici funzioni cruciali: organizza matrimoni, incita alla vendetta,
gestisce i preparativi prima delle riunioni mafiose e funge da messaggera,
portando con sé le cosiddette "mbasciate".
Considerazioni conclusive
La 'ndrangheta continua a rappresentare una
minaccia significativa per l'ordine pubblico e la sicurezza nazionale, grazie
alla sua capacità di adattarsi e rinnovarsi. Tra i suoi membri, le donne
svolgono un ruolo cruciale, non solo come autrici di reati, ma come vere e
proprie strateghe dell'organizzazione. Il dato allarmante delle donne autrici
di reato deve far riflettere sull'importanza di un monitoraggio costante e di
un impegno congiunto da parte dello Stato e della società civile. Solo
attraverso una combinazione di prevenzione, educazione e repressione, si potrà
contrastare efficacemente l'emergente potere femminile nelle organizzazioni
mafiose.
Riproduzione riservata
Bibliografia
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