La criminologia e il ruolo delle scienze sociali nella rieducazione della persona e nella rigenerazione del tessuto sociale. Multi, inter e transdisciplinarità della criminologia
Pubblicato da Scienze Forensi Magazine in Criminologia · Lunedì 10 Feb 2025 · 34:45
Tags: criminologia, cultura, scienza, interdisciplinarità, transdisciplinarietà, sociologia, pedagogia, criminale
Tags: criminologia, cultura, scienza, interdisciplinarità, transdisciplinarietà, sociologia, pedagogia, criminale
Autori
- Juliusz Piwowarski, Ph.D. – Wyższa Szkoła Bezpieczeństwa Publicznego i Indywidualnego „Apeiron” w Krakowie / Università di Sicurezza Pubblica ed Individuale “Apeiron” in Cracovia, Polonia. Filosofo, pubblicista, politologo, securitologo, fondatore e rettore della Università di Sicurezza Pubblica ed Individuale “Apeiron” in Cracovia, creatore dell'Istituto di Ricerca di Cracovia per le competenze di sicurezza e difesa “Apeiron”. Email: rector@apeiron.edu.pl; tel. +48 537082460.
- Jolanta Grębowiec-Baffoni, Ph.D. - Wyższa Szkoła Bezpieczeństwa Publicznego i Indywidualnego „Apeiron” w Krakowie / Università di Sicurezza Pubblica ed Individuale “Apeiron” in Cracovia, Polonia. Sociologa, criminalista, criminologa, perita dei documenti, insegnante accademica. Email: jolanta.grebowiecbaffoni@gmail.com; tel. + 39 3293760120.
Riassunto
La criminologia, essendo una scienza sociale che si occupa dello studio e della raccolta di conoscenze complete sulla criminalità, sul crimine, sull'autore del crimine, sulla vittima del crimine, sulle istituzioni e sui meccanismi di controllo, utilizza e include altri campi disciplinari i cui risultati possono spiegare e contribuire alla individuazione di forme specifiche di comportamento deviante, di determinati fenomeni sociali tipici del contesto criminale al fine di realizzare modelli per la loro prevenzione. Un importante contributo in questo senso giunge dalla sociologia, cui il compito primario è quello di comprendere ogni comportamento umano nel suo tessuto sociale, quale fattore particolarmente importante nel campo del reinserimento sociale delle persone che si sono distinte per comportamenti devianti e criminali.
Parole chiave: criminologia, cultura della scienza, interdisciplinarità, transdisciplinarietà, sociologia, pedagogia criminale
Abstract
Criminology, being a social science that deals with the study and collection of comprehensive knowledge about criminality, crime, the perpetrator of crime, the victim of crime, institutions and control mechanisms, uses and includes other disciplinary fields i whose results can explain and contribute to the identification of specific forms of deviant behavior, of certain social phenomena typical of the criminal context in order to create models for their prevention. An important contribution in this sense comes from sociology, whose primary task is to understand all human behavior in its social fabric, as a particularly important factor in the field of social reintegration of people who have distinguished themselves by deviant and criminal behaviour.
Keywords: criminology, culture of science, interdisciplinarity, transdisciplinarity, sociology, criminal pedagogy
Introduzione
Una delle caratteristiche importanti per comprendere l'essenza della criminologia, come tendenza della scienza che costituisce un supporto indispensabile per l'instaurazione e il buon funzionamento del costrutto sociale [1] noto ai rappresentanti della disciplina delle scienze della sicurezza come cultura della sicurezza, è la necessità di applicare un ampio spettro di problemi e questioni necessarie per praticarla. Di conseguenza sorge una domanda: in che misura questa tendenza, che senza dubbio ha acquisito già da tempo una chiara specificità istituzionale, può essere considerata una disciplina scientifica indipendente che consente di riparare i mondi sociali (Schütz, 1960).
Il riferimento ai mondi sociali è qui giustificato perché l'intera società è interessata al fenomeno della criminalità per vari motivi e se ne occupano praticamente tutti gli attori sociali, ciascuno in conformità con la funzione e il ruolo che svolgono in questa società.
Vale la pena riportare in questo luogo la definizione del concetto di scienza data da Juliusz Piwowarski (2016).
La scienza è una sfera della cultura avente natura di ricerca, connessa agli effetti socialmente attesi delle indagini scientifiche e di ricerca condotte dagli scienziati; la scienza è composta dai seguenti elementi:
- insieme di affermazioni e ipotesi relative alla realtà esaminata, alle sue caratteristiche e alle leggi che la governano;
- teorie scientifiche costruite sulla base delle suddette affermazioni e ipotesi, che riguardano il funzionamento della realtà, le quali, peraltro, per legge, hanno una collocazione istituzionale nel campo degli ambiti, delle discipline e delle specialità scientifiche.
Sebbene la criminologia soddisfi certamente la prima delle condizioni sopra menzionate, vi sono alcuni dubbi sul fatto che si tratti di una scienza indipendente, guardandola da un punto di vista metodologico.
La criminologia, dopo un esame più attento delle sue specificità, risulta non essere connotata da una metodologia di ricerca separata, ma incorpora solo metodi risultanti dalla metodologia di altre discipline scientifiche, quelle di natura primaria. Potremmo avere in mente, ad esempio, ambiti della scienza come la sociologia, l'antropologia, la psicologia, la psichiatria, la pedagogia, la fisica, la biologia, la chimica, la medicina, la statistica, l'economia e la storia. Ciò significa che la criminologia - e questa è un'altra delle sue caratteristiche peculiari - si occupa dei fenomeni criminali da diverse prospettive e punti di vista, grazie ai quali si "incontrano" nel suo ambito numerose discipline e ricercatori con diversa preparazione ed esperienza. Pertanto il suo ambito è particolarmente ampio.
Ciò significa che la criminologia, come la disciplina della scienza della sicurezza, dovrebbe essere definita come un filone multi, inter e transdisciplinare dell'attività di ricerca scientifica.
Con poche eccezioni, nel mondo accademico non è stato istituito un sistema educativo strettamente criminologico e l'organizzazione del processo di insegnamento nel campo della criminologia assume forme molto diverse nei diversi paesi. A questo riguardo, ci sono differenze abbastanza evidenti soprattutto tra i centri europei e quelli nordamericani che formano i criminologi.
Nel Vecchio Continente la maggioranza dei criminologi è costituita da persone con formazione giuridica, l'insegnamento della materia avviene prevalentemente nell'ambito degli studi giuridici universitari e gli istituti di ricerca criminologica universitaria operano all'interno delle strutture delle facoltà di giurisprudenza.
Invece in paesi come gli Stati Uniti e il Canada, i criminologi vengono reclutati principalmente tra i sociologi, la criminologia viene insegnata come parte degli studi sociologici e le attività di ricerca vengono svolte presso università e facoltà dove viene fornita una formazione regolare nel campo delle scienze sociali.
Della criminologia si occupano più spesso persone istruite in una delle discipline sopra menzionate, il cui background disciplinare, come accennato, ha carattere basilare. Al giorno d'oggi, sono più spesso avvocati, sociologi, psicologi o medici. Pertanto, mentre si può dire che la criminologia esiste, ci sono dubbi sul fatto che esistano esperti che possano definirsi e possano essere qualificati come criminologi “puri”. Infatti, ci sono solo giuristi, sociologi, psicologi, economisti, storici, ecc., che si occupano di questioni criminali nell'ambito sopra descritto e applicano le conquiste metodologiche delle proprie discipline allo studio della criminalità.
Questo stato di cose ha conseguenze per la criminologia che altre discipline scientifiche non devono affrontare. Ad esempio, sebbene in sociologia o in psicologia possano coesistere punti di vista diversi sui vari problemi affrontati da queste discipline, comunque si tratta di opinioni punti di vista interne a queste discipline. Gli psicologi che studiano la criminalità lo fanno da un punto di vista psicologico, i sociologi da un punto di vista sociologico e gli avvocati da un punto di vista giuridico. Tuttavia, all'interno della criminologia, c'è spesso uno scontro tra punti di vista sociologici, psicologici, giuridici e molti altri sul crimine, e si scopre che la comprensione tra criminologi con diversa educazione non è sempre facile e semplice secondo una struttura disciplinare omogenea. Non dobbiamo però dimenticare che tutti i campi sopra menzionati pongono le basi della criminologia. Tutta la conoscenza che confluisce in questa scienza – sia essa sociologica, antropologica, psicologica o giuridica – ha legittimità e ragion d'essere. In modo analogo possiamo giustificare le differenze nella formazione e nell'esperienza scientifica dei criminologi se si basano sulla preparazione criminologica.
I criminologi con un certo tipo di formazione si spostano più facilmente e quindi spesso si sentono più legati all'ambiente scientifico di origine. La criminologia è una scienza sensibile alle tendenze disintegrative che possono manifestarsi al suo interno, anche accidentalmente, e gli scienziati conducono qui le loro ricerche senza necessariamente cercare di essere compatibili, sotto questo aspetto, con gli sforzi di altri criminologi. Diverse associazioni scientifiche e istituti di ricerca, anche criminologici internazionali, stanno facendo molto per approfondire l’integrazione nel campo della ricerca criminologica, ma questo problema è ancora vivo. Questa situazione implica la necessità di esaminare la questione del rapporto tra criminologia e le discipline sociali e naturali di base e di mostrare il loro impatto sullo sviluppo della criminologia.
Riassumendo le considerazioni fin qui svolte, possiamo dire che la criminologia è una scienza che studia il comportamento criminale, raccoglie quindi un insieme ordinato di conoscenze sul reato, sul comportamento criminale, socialmente deviante, sul controllo di tale comportamento e sulla vittima, con particolare enfasi sul controllo e la prevenzione degli atti criminali e devianti. In altre parole, la criminologia tiene conto di alcuni fattori che influenzano il comportamento deviante e criminale.
In effetti, lo sviluppo dell'interesse per questi fattori ha contribuito negli anni '50 alla creazione del concetto di criminogenesi (Tyszkiewicz 2007-2008) come processo intrecciato nella vita di una persona, il cui fine è la commissione di un atto proibito. Un ruolo importante in questo processo è svolto dai cosiddetti fattori criminogeni e, in una certa misura, fattori anticriminogeni. Il punto centrale di questo processo è la decisione dell'autore dell'atto vietato (Tyszkiewicz 2007-2008). La criminogenesi mira a identificare questi fattori attraverso la ricerca genetica, psicologica e ambientale.
Del processo che si conclude con un crimine si occupa anche la criminologia dinamica, cercando di giustificare un comportamento antisociale. A tal fine esamina lo sviluppo e la modificazione di attività e fatti criminali o antisociali, distinguendo i fattori predisponenti legati ad una predisposizione genetica legata al passato e all'esperienza, nonché i fattori preparatori e scatenanti, cioè quegli elementi che facilitano la manifestazione di comportamenti devianti comportamento in un dato momento.
Il contributo delle scienze mediche e biologiche nell’evoluzione della criminologia e della politica criminale
Inizialmente, le scienze mediche e biologiche hanno avuto una grande influenza sullo sviluppo della criminologia, avvenuto nella seconda metà del XIX secolo e successivamente sulla politica penale. Cesare Lombroso (1835-1909), medico, fondatore della scuola italiana di criminologia positivista, fu considerato il "Padre Fondatore" della criminologia.
Un merito significativo di Lombroso è la creazione della scuola di antropologia criminale, e le sue teorie basate su di essa gettarono le basi per un nuovo orientamento giuridico e criminologico, ispirato al pensiero positivista prevalente nelle scienze naturali e sociali. Tuttavia è essenziale ricordare che mentre molti anni prima del positivismo la natura era già oggetto della conoscenza scientifica, è solo nell’era del positivismo che la società e l’uomo, il loro funzionamento e il comportamento sono diventati oggetto di un'indagine scientifica sistematica. Finora questo campo riguardava principalmente la teologia e la filosofia. Nell’era del positivismo, sorgono Scienze sociali e inoltre, si cerca di utilizzare i metodi delle scienze naturali sottoponendo le loro affermazioni al rigore di questi insegnamenti.
Infatti, ancora prima di Lombroso, nell’epoca che precedeva il positivismo in riferimento alle considerazioni che potremmo definire precriminologiche, i rappresentanti di varie scienze, il più delle volte ai margini dei loro principali interessi professionali o di ricerca, ponevano fondamenti della criminologia moderna (Widacki, 2020). Fra uno dei più importanti, Franz Joseph Gall, medico e professore di anatomia, come uno dei primi si occupò dell’anatomia e fisiologia del cervello. I suoi studi lo portarono alla convinzione di poter risalire allo sviluppo di certe zone del cervello, sedi di particolari funzioni cerebrali, attraverso la sola osservazione del cranio, creando in questo modo la teoria chiamata frenologia. Di seguito è giunto alla conclusione che le tendenze umane sono innate e non derivano dall'educazione. Di conseguenza al riferimento del comportamento criminale “La misura della colpabilità e la misura della pena non deve esser presa dalla materialità dell’atto illegale, né in una punizione prestabilita, ma unicamente nella situazione dell’individuo agente” (Antonini, 1900).
Senza dubbio ebbe anche un'influenza indiretta sulla criminologia di Cesare Lombroso (Widacki 2020) che si concentrò sulla descrizione di un "criminale nato", il cui comportamento e struttura corporea erano manifestazioni di "atavismo" fondamentale (cioè la presenza in un individuo di tratti dei suoi lontani antenati, che non erano stati ereditati per lungo tempo), grazie al quale si è potuto constatare il riemergere dei tratti caratteristici criminali di uno stadio più primitivo dell'evoluzione biologica. Il pensiero di Lombroso può essere riassunto genericamente in una sua celebre frase: "...il criminale è un essere atavico che riproduce nella propria persona gli istinti crudeli dell'umanità primitiva e degli animali inferiori" (Lombroso, 1910). Divulgò la sua teoria antropologica del crimine a partire dal 1876 in cinque successive edizioni del libro "L'uomo delinquente”, che sviluppò poi in un'opera in più volumi.
Pur ritenendo fondamentali i fattori criminogeni dovuti alle predisposizioni biologiche, Lombroso riconosceva anche l'esistenza di criminali occasionali, che non differivano costituzionalmente dagli uomini normali, ma il cui comportamento era, però, condizionato dall'ambiente e dalle circostanze. Il presupposto della sua teorizzazione si basava però sul fatto che quanto più la criminalità era legata alle anomalie individuali, tanto meno si teneva in considerazione la convergenza delle condizioni sociali e ambientali. Questo approccio ha portato ad una visione della criminalità e della devianza come anomalie che devono essere affrontate in un approccio biologico-medico e, a sua volta, terapeutico. Effettivamente a partire dagli anni 50 del secolo scorso tale criterio influenzò la convinzione che la criminalità fosse una malattia per questo motivo agli istituti di pena accanto alla loro funzione di punizione e di controllo/sorveglianza si attribuiva anche una funzione di cura. Tuttavia se da una parte i trattamenti terapeutici servivano a correggere la condizione mentale del criminale dall’altra la selezione del gruppo di detenuti che richiedevano l'utilizzo di un sistema terapeutico e il suo trattamento separato da parte di specialisti è stata dettata dalla necessità di garantire il corretto funzionamento del carcere. A causa di vari difetti mentali e dipendenze, queste persone hanno difficoltà ad adattarsi alle condizioni di scontare la pena (Magierska, 2020).
Ancora oggi in Polonia ai sensi dell'art. 96 § 1 del Codice penale esecutivo, nel “sistema terapeutico” scontano la pena i condannati con disturbi mentali non psicotici, compresi quelli condannati per il reato di cui all'art. 197-203 c.p. (ovvero stupro, abuso sessuale, pedofilia, incesto, esposizione in pubblico di contenuti pornografici e istigazione alla prostituzione) commessi in relazione a disturbi delle preferenze sessuali, disabilità mentali e dipendenza da alcol o altre sostanze stupefacenti o psicotrope e detenuti con disabilità fisiche che necessitano di cure specialistiche, in particolare psicologiche, mediche o riabilitative.
Inoltre, in questo sistema scontano la pena i condannati alla reclusione senza sospensione condizionale della pena, nonché gli autori di reati commessi in stato di alterata sanità mentale (definiti dall'articolo 31 comma 2 del codice penale), nei confronti dei quali il tribunale abbia ordinato l'internamento in un istituto penitenziario in cui vengono adottate misure specifiche di trattamento o di riabilitazione (Magierska 2020).
Come dimostra la pratica attuale l'influenza delle scienze biomediche sulla creazione della criminologia è tuttora distinguibile. Il suo sviluppo consisteva e si manifesta ancora oggi nel focalizzare gli interessi su quegli aspetti del fenomeno criminale che rientrano anche nel campo di attività dei rappresentanti delle scienze sopra menzionate. Ciò significa concentrarsi, da un lato, sull'autore del reato e, dall'altro, sulle sue caratteristiche biologiche, che in un modo o nell'altro possono essere collegate al comportamento criminale.
La funzione diagnostica e identificativa della sociologia nella criminologia
La tesi di Cesare Lombroso, secondo cui il delitto è una conseguenza necessaria della costituzione patologica fisiologica e psicologica dell'individuo e che afferma che determinati difetti anatomici possono indicare un criminale per nascita, suscitò vivaci reazioni nel mondo della scienza, soprattutto tra sociologi, antropologi e psicologi. Decine di scienziati hanno intrapreso ricerche sulle cause della criminalità, in particolare sul rapporto tra criminalità e predisposizioni genetiche e condizioni ambientali (Kelly, 2006). Gli allievi italiani di Lombroso Raffaele Garofalo ed Enrico Ferri si allontanarono dalla tesi unilaterale del loro maestro basata sull’assunto delcriminale nato, dedicandosi alla ricerca criminologica, psicologica e sociologica. Garofalo portò il termine "criminologia" al rango di scienza mondiale pubblicando nel 1885 il libro La criminologia[2]. Nel 1881 Ferri pubblicò la celebre opera I nuovi orizzonti del diritto e della procedura penale, che, a partire dalla terza edizione nel 1892, intitolò La sociologie criminelle, proponendo così un'altra nuova disciplina (Criminals and Their Scientists, 2009).
Le considerazioni degli statistici del XIX secolo, come Quetelet o Tarde, sono spesso considerate all'origine di questo tipo di approccio in criminologia, che si concentra non tanto sul criminale in sé, ma sul crimine come un certo fenomeno sociale. Questo approccio ha già avuto un posto permanente nella criminologia da quando la sociologia ha iniziato a esercitare un'influenza significativa sulla criminologia.
Sebbene nel Vecchio Continente l’influenza della sociologia sulla criminologia fosse già visibile a cavallo tra il XIX e il XX secolo, ciò si verificò soprattutto nell’attività della scuola sociologica del diritto penale, rappresentata, tra gli altri, da studiosi come Franz von Liszt e Enrico Ferri, detta anche sociologia criminale, la svolta fondamentale avvenne nel periodo tra le due guerre, ma fuori dall'Europa - anche negli Stati Uniti.
In quello che allora era il Paese in via di sviluppo più dinamico del mondo, si sviluppò su vasta scala la moderna ricerca sociologica, che comprendeva studi su questioni legate al fenomeno sociale della criminalità e alle minacce che questo fenomeno ancora comporta. Oggi, la criminologia nordamericana è dominata dai rappresentanti della sociologia e dagli approcci di ricerca scientifica che rappresentano, spostandosi in Europa. Al giorno d'oggi, le connessioni tra criminologia e sociologia hanno uno spettro multiplo. Anche per questo motivo la sociologia ha sviluppato numerose sottodiscipline che si occupano di questioni che costituiscono filoni di ricerca legati alla criminologia. Innanzitutto va menzionata la sottodisciplina della patologia sociale (Podgórecki, 1993) che si occupa dei fenomeni sociali noti come patologia sociale. In generale, tuttavia, si tratta di fenomeni sociali socialmente distruttivi o almeno in una certa misura socialmente dannosi, che disturbano il corretto funzionamento della società. Sebbene i criteri di nocività, e quindi di patologia, possano essere controversi, le manifestazioni di patologia sociale includono, oltre alla criminalità stessa, fenomeni come l'alcolismo, la tossicodipendenza, la prostituzione, i divorzi e altre manifestazioni di disfunzione familiare, comportamenti devianti, bambini e adolescenti.
La patologia sociale come sfera della scienza comprende anche irregolarità e interruzioni nel funzionamento delle istituzioni pubbliche (Gaberle, 2004). Nel caso di una sottodisciplina separata della sociologia, soprattutto nella sociologia anglosassone, conosciuta come sociologia del comportamento deviante (questo nome deriva dalla parola inglese cleuiance, che significa violazione di una certa norma sociale[3]), i ricercatori devono occuparsi del meccanismi psicosociali e sociali di comportamento che violano le riconosciute norme sociali. Poiché la criminologia si occupa di comportamenti che violano un tipo specifico di norme, come le norme del diritto penale, potrebbe anche essere trattata come una sottodisciplina della sociologia del comportamento deviante, che si occupa anche delle violazioni di altre norme che creano il sistema normativo sociale.
C'è un altro concetto correlato nella sociologia americana: il problema sociale. I problemi sociali sono fenomeni percepiti nella percezione sociale come la creazione di un bisogno o addirittura la necessità di intraprendere azioni volte a risolverli o addirittura a prevenirne il verificarsi.
L'elenco dei problemi sociali nelle società odierne può essere lungo. Tra questi rientrano non solo patologie sociali come la criminalità, l’alcolismo, la tossicodipendenza, la prostituzione, il suicidio, ma anche fenomeni che hanno anche origini sociali, come la disoccupazione, la povertà, l’esclusione sociale, la discriminazione razziale, religiosa, culturale e di qualsiasi altra natura, la disuguaglianza di status degli uomini e delle donne, disgregazione delle famiglie e delle comunità locali, malattie mentali, problemi della vecchiaia e altri. Secondo alcuni sociologi lo studio dei problemi sociali verrebbe affrontato da una disciplina separata conosciuta come sociologia dei problemi sociali (Merton, Nisbet, 1976). Ancora una volta, la criminologia ne farebbe effettivamente parte, occupandosi di tutti gli aspetti dello specifico problema sociale della criminalità.
La criminologia e i suoi rappresentanti iniziarono ad interessarsi alle determinanti sociali della criminalità nei gruppi primari e in altri piccoli gruppi sociali, come per esempio il gruppo dei pari e a livello di strutture come vicini, comunità locale, strati sociali, classi sociali, istituzioni economiche, così come e sul piano della società globale, dove contano lo stato-nazione e le sue strutture di potere. In questo approccio, la criminalità cessò di essere esclusivamente un fenomeno di psicopatologia individuale e cominciò a essere riconosciuta come un fenomeno con un’origine sociale più ampia.
Attualmente, un numero significativo di tesi e affermazioni in criminologia sono formulate nel linguaggio dei sociologi, e gran parte della ricerca criminologica, principalmente di natura empirica, è condotta sulla base di metodi di ricerca presi direttamente dalla sociologia.
L’influenza dei sociologi sulla criminologia ha portato ad un aumento dell’interesse, ad esempio, per i meccanismi di controllo sociale sulla criminalità come fenomeno sociale negativo, cioè all’attivazione di istituzioni e meccanismi informali e formali, creati dalla società-nazione, che si sforza di imporre ai propri cittadini l’armonizzazione delle loro azioni e comportamenti con modelli socialmente accettati (Sztompka, 1967).
Quindi quando si considerano le connessioni tra la criminologia e le varie sottodiscipline e rami della sociologia, non possiamo dimenticare l'esistenza di una sottodisciplina sociologica, come la sociologia del diritto (Pieniążek, 2021) che si occupa, ad esempio, di questioni relative alle origini e ai meccanismi di funzionamento e rispetto delle norme legali, nonché questioni relative alla loro percezione sociale. I suoi risultati sono spesso estremamente importanti per la criminologia.
Il connubio delle discipline per una cura educativa
Sebbene l'attenzione di Lombroso si concentri quasi esclusivamente sulle caratteristiche innate del criminale e le sue teorie trovino oggi molti oppositori, va notato che furono le teorie del medico italiano a dare sul criminale e sulla commissione di un crimine una prospettiva che si è discostata totalmente da quella della scuola classica. Se, da un lato, ricercare le cause dei crimini nell'indole di una persona su basi biologiche doveva, in una certa misura, spiegare il fatto di commettere un reato, lo stesso approccio medico indicava la necessità di trovare e applicare terapie adeguate per "guarire" il criminale. L’importante orientamento in questo senso viene fornito anche dalle discipline sociologiche che mantengono rapporti con la pedagogia e le altre scienze dell’educazione, quali filosofia, psicologia, sociologia dell’educazione, che indicano l’ambiente sociale come contesto, in cui, in relazione ai molteplici fattori, si sviluppano vari disagi e patologie sociali. Effettivamente questi risultati interdisciplinari hanno permesso di fornire una prospettiva nuova per la “cura” del criminale predisponendo, in base ai risultati interdisciplinari, i mezzi pedagogici. Tuttavia, è particolarmente forte la necessità di rivolgersi a quella branca della pedagogia chiamata pedagogia della risocializzazione (Czapów, 1978).
Sicuramente anche lo sviluppo dinamico della psicologia alla fine del XIX secolo e durante tutto il XX secolo fece sì che anche questa disciplina e i suoi rappresentanti cominciassero a interessarsi scientificamente all'autore di un crimine e a forme specifiche del comportamento umano, come gli atti criminali. I criminologi con approccio psicologico hanno cominciato ad occuparsi, e lo fanno ancora oggi, delle questioni relative al rapporto tra alcune variabili di natura psicologica, come la personalità, le emozioni, il temperamento, il processo di apprendimento, il livello di sviluppo mentale, da un lato - e il comportamento di un criminale da un altro.
L’ampio spazio viene qui dedicato ai problemi di natura della personalità, ad esempio alla riflessione scientifica sul tema della possibile esistenza di un tale insieme/sistema di tratti della personalità, denominato anche personalità criminale, che potrebbe favorire la propensione a delinquere. Oltre all'attività puramente di ricerca, oggi lo psicologo, solitamente insieme a uno psichiatra, agisce come esperto in un processo penale, occupandosi di una diagnosi completa della persona che ha commesso il crimine. Ciò serve al tribunale per determinare il grado di capacità dell'autore del reato di assumersi la responsabilità delle proprie azioni e per applicare con precisione le misure penali previste dalla legge a un determinato reato.
Le questioni pedagogiche in criminologia riguardano principalmente l’aspetto dell'attuazione di misure punitive contro gli autori di reati, in particolare la reclusione. Ciò è diventato particolarmente importante a partire dagli anni '50, in connessione con lo sviluppo del concetto di considerare la detenzione come un mezzo per risocializzare l'autore di un reato, cioè rieducare l'autore del reato per prepararlo a condurre un'esistenza normale in società, riparando i difetti della socializzazione precedente ed eliminando le aberrazioni che erano alla base del comportamento criminale che di conseguenza dovrebbe essere eliminato.
Nella psiche di una persona condannata al carcere c'è la convinzione di dover "ricostruire" la propria vita. Niente tornerà del passato precarcerario, niente sarà più come prima. La sua psiche sarà segnata da una percezione negativa di se stessa e dell'atto per il quale è stata punita. Dopo aver scontato la pena, le sarà pressoché impossibile ritornare ad una dimensione migliore della sua personalità se non le verrà consentito di compiere alcun tentativo di indirizzare il proprio percorso di sviluppo e di modificare le esperienze negative che l’hanno portato al delitto. È quindi importante riscoprire se stesso, tutte le tue emozioni ed esperienze, riscoprirsi affidabile e trovare un'altra persona con cui poter interagire. Per questo motivo tutte le attività pedagogiche e rieducative dovrebbero essere affiancate da attività mirate alla relazione, alla socializzazione e alla progettazione. È necessario pianificare attività, sia all'interno che all'esterno del carcere, in cui il detenuto abbia l'opportunità di condividere esperienze ed emozioni con gli altri e di ritornare gradualmente alla vita sociale. Esperienze relazionali soddisfacenti innescano il bisogno di ripeterle e forniscono così l'opportunità di percepirsi positivamente (Collins, 2011), di considerare il proprio passato nel contesto dei cambiamenti e del bisogno di trasformazione, proiettandosi in un futuro di successo e di pieno valore.
La progettazione sinergica e l'organizzazione dei singoli elementi educativi all'interno delle mura del carcere consentono un cambiamento nella percezione di sé e una graduale transizione soggettiva dalla dimensione di un criminale alla dimensione di una persona che progetta e sviluppa una nuova prospettiva di un futuro di valore. In questo modo il processo di identificazione si attua su più livelli e la percezione del passato evolve in modo critico e costruttivo. Questo tipo di progettazione educativa mira ad attivare processi che non si sono mai sviluppati nel contesto socio-familiare delle persone detenute, le cui vite sono state spesso “vissute male” o quanto meno incomplete (Cardinali, Craia, 2014).
Il prossimo importante compito della pedagogia criminale non è solo quello di "riqualificare" le persone che si trovano in carcere, ma anche di contribuire a un cambiamento nella percezione della persona privata della libertà e del carcere da parte di altre persone che ne sono fuori. Dovrebbero essere intraprese attività informative ed educative in ambienti sociali volte a fermare lo sviluppo, o addirittura eliminare, il processo di stigmatizzazione, noto anche come marcatura, vale a dire l’attribuzione di nomi negativi a individui che, per qualsiasi motivo, sono stati condannati al carcere. Il processo di stigmatizzazione favorisce il consolidamento delle deviazioni e può verificarsi in varie situazioni. La stigmatizzazione contribuisce quindi al fatto che un'entità il cui comportamento è stato percepito dagli altri come degno di stigmatizzazione si riconoscerà nell'etichetta con cui è stata marcata e agirà in conformità con essa. Pertanto, questa etichetta costituisce una sorta di peso e di direzione che una persona sceglierà, più o meno consapevolmente, anche contro la propria volontà.
Il concetto di stigma è stato introdotto dal sociologo americano Erving Goffman nel 1963 in Stigma: Notes on the Management of Spoiled Identity, testo considerato una pietra miliare della sociologia della devianza. Nell'antica Grecia, questo termine veniva usato per descrivere stimmate permanenti bruciate o incise con un coltello, che comunicavano lo status di un individuo come schiavo, criminale o traditore. Secondo Goffman lo stigma è una caratteristica profondamente discreditante che declassa un individuo, segnandolo e disonorandolo in modo potenzialmente duraturo. Una persona può essere screditata a causa di una deformazione fisica o di una critica ad aspetti caratteriali o elementi collettivi dell'ambiente da cui proviene, come l'appartenenza culturale o religiosa.
Questo concetto prevede un doppio approccio:
- il portatore dello stigma è consapevole che altre entità conoscono il suo tratto connotato negativamente, il che gli provoca uno stato di discredito;
- il portatore dello stigma è consapevole che altre entità non conoscono il tratto connotato negativamente perché non sono informate o non lo vedono fisicamente, sebbene tale tratto determini lo stato discreditante dell'entità.
Tenendo conto del processo sopra descritto, ampiamente discusso da E. Goffman (ma già di interesse per i sociologi che studiavano le forme di devianza, a cominciare da Howard S. Becker, e successivamente anche da altri autori), è necessario creare condizioni che permettano alla persona di ritornare, dopo aver scontato la pena, in una comunità tollerante e amichevole, che ne consenta una sana integrazione. Da qui la necessità di fornire ai detenuti non solo condizioni di vita adeguate e dignitose nelle carceri che rafforzino la loro dignità e il rispetto di sé, ma anche di preparare programmi e attività che permettano loro di scoprire il proprio potenziale e la capacità di partecipare positivamente alla società consentendo ai professionisti di attività o volontariato in ambienti che offrano le condizioni per recuperare e proiettare all'esterno la propria immagine positiva. Possiamo citare qui alcune delle attività promosse in Italia nell'ambito del reinserimento sociale e professionale dei detenuti (Fondazione con il Sud, 2019), nelle quali essi hanno l'opportunità di acquisire una nuova professione e, in futuro, di operare attraverso fondazioni e cooperative le cui attività sono finalizzate alla creazione di posti di lavoro per ex detenuti. Un altro dei tanti esempi può essere la partecipazione dei detenuti a laboratori artistici e artigianali presenti sul territorio del carcere, con la possibilità di mettere i propri prodotti a disposizione della comunità esterna al carcere.
È quindi necessario non solo preparare ma anche, e forse soprattutto, comprendere e rispettare gli obiettivi educativi che l’amministrazione penitenziaria cerca di raggiungere, andando oltre il semplice considerare il carcere come luogo di detenzione e punizione. Le attività dell'istituzione penitenziaria dovrebbero essere finalizzate a fornire assistenza nella costruzione di un ponte verso la comunità esterna. Solo le attività educative, nel quadro di una logica preventiva a tutti i livelli, possono garantire pienamente la sicurezza dei cittadini.
In Polonia e nella maggior parte dei paesi europei, l’attuale sistema penale affida sia alle carceri che ai vari centri alternativi di deprivazione della libertà lo spazio per personalizzare e implementare interventi educativi rivolti a una persona specifica. La pena appare quindi come uno strumento insostituibile di controllo sociale laddove occorre riflettere sulla necessità di un utilizzo generalizzato della reclusione come panacea per la soluzione di tutti i problemi sociali (Cardinali & Craia, 2014).
Da quanto consegue il raggiungimento di un compromesso tra strumenti preventivi tradizionali e strumenti socio-riabilitativi che diano maggiore certezza circa la possibilità di rieducazione e metamorfosi positiva di una determinata persona può sembrare una soluzione vantaggiosa nell’ambito della pedagogia criminale.
Epilogo
A parte i complicati problemi relativi alle possibili demarcazioni e relazioni tra la criminologia e le suddette sottodiscipline, va affermato che la criminologia contemporanea, prestando particolare attenzione ad una specifica manifestazione di patologia sociale, a una specifica forma di devianza del comportamento o a uno specifico problema sociale della criminalità e il fenomeno della criminalità, non si basa solo sui risultati scientifici dei sociologi, ma allo stesso tempo spesso conduce le sue ricerche e considerazioni su uno sfondo più ampio di patologia sociale, comportamento deviante e problemi sociali, poiché i collegamenti di molti di loro con il fenomeno criminale sono chiaramente visibili dando spazio agli interventi di approccio pedagogico.
Indubbiamente l'“espansione” della sociologia che da anni avviene in criminologia ha ampliato gli orizzonti di ricerca di questa scienza, contribuendo anche alla comprensione del comportamento umano come il risultato dell’influenza del tessuto sociale sulla persona. Questo pone le essenziali fondamenta per la strutturazione e realizzazione dei piani educativi e rieducativi con l’obiettivo non di solo reinserimento dei detenuti nel mondo sociale, ma anche avendo cura che lo stesso tessuto sociale nel quale queste persone verranno introdotte o torneranno a vivere, sia sano e propositivo. Poiché “un effetto duraturo della riabilitazione sociale è quello di ottenere un cambiamento di identità per le persone disadattate, nella forma di pensare a se stessi e alle proprie priorità di vita in modo diverso rispetto a prima, e quindi anche una percezione alternativa di queste persone da parte dell'ambiente sociale” (Konopczyński, 2014), diventa necessario tener conto di conquiste interdisciplinari nella criminologia, con particolare considerazione della sociologia, psicologia e pedagogia come scienze diagnostiche e nello stesso momento capaci di proporre ed eseguire soluzioni rieducative-terapeutiche per la persona e per il suo ambiente sociale.
Le tendenze interdisciplinari nella criminologia emerse sotto questa influenza, raggiungendo non solo i risultati scientifici, ma anche i valori e le culture delle nazioni e delle generazioni successive, creano indubbiamente un approccio che potrebbe favorire l'utilizzo da parte dei rappresentanti delle scienze della sicurezza del fattore criminologico della cultura della sicurezza nazionale così delineata.
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Note
[1] Costrutto sociale - il significato di questo concetto sociologico si riduce al fatto che è il modo in cui le persone - in primo luogo - percepiscono ciò che è più importante per loro, in secondo luogo - come spiegano la realtà e i suoi singoli elementi e, in terzo luogo - come interpretano il mondo sociale che li circonda e i fenomeni, gli eventi, le entità e i fatti che in esso accadono; La consapevolezza sociale può anche essere intesa come un costrutto sociale, cioè il prodotto di una visione dell'uomo storicamente creata.
[2] Il termine "criminologia" sarebbe stato usato poco prima, nel 1879, dall'antropologo francese Paul Topinard (1830-1911) - (Błachut et. al. 2014, p. 17).
[3] È estremamente importante che le parole deviance e cleriant in inglese abbiano un significato puramente descrittivo e significhino solo comportamenti incoerenti con qualche norma o modello, senza includere automaticamente giudizi e valutazioni di questa incoerenza. Gli equivalenti polacchi "dewiacja" e soprattutto "dewiant" contengono significative connotazioni negative, simili, anche se con una carica meno negativa, alla parola "pervertito", e sono quindi associati principalmente a disturbi sessuali (Słownik Języka Polskiego, 1996) Da qui il termine "deviazione sociale positiva" proposto nella letteratura polacca, che dovrebbe significare una violazione di una norma in un contesto valutato positivamente, modo, cioè fare più di quanto richiesto dalla norma (Kwaśniewski 1976), assolutamente coerente con il significato dell'originale inglese, per un profano può dare l'impressione di una contraddizione interna. Paragonabile considerazioni si possono fare in riferimento alla lingua italiana. Per esempio l’enciclopedia Treccani (nd) descrive devianza come termine che si usa “per indicare quei comportamenti che si allontanano da una norma o da un sistema di regole; in partic., in sociologia, la non conformità agli standard normativi del gruppo o sottogruppo sociale di appartenenza, e più spesso a quelli del gruppo dominante, il quale, non potendo accettare tale comportamento abnorme, lo disapprova e spesso lo condanna con l’emarginazione o con sanzioni sociali di vario tipo”. Simile descrizione la troviamo nel dizionario de La Repubblica (nd), dove per la devianza si intende “complesso di atteggiamenti e comportamenti che si allontanano in modo rilevante da quelli considerati normali all'interno di una società o di un ambiente, cui consegue l'emarginazione dell’individuo”.