Sindrome di Munchausen per procura: la storia di Gypsy Rose Blanchard
Pubblicato da Nicol Zara in Criminologia · Sabato 03 Set 2022
Il delitto di Dee Dee Blanchard
Gypsy Rose Blanchard nasce nel 1991 a Golden Meadow, Louisiana, da Clauddine Pitre, chiamata Dee Dee, e Rod Blanchard, il quale però scompare ancor prima della sua nascita. Sin quando Gypsy è molto piccola, la madre è convinta che soffra di apnea notturna e ripetutamente la porta in ospedale per farle fare controlli e tenerla monitorata. Dee Dee è certa che la figlia sia affetta da una non specificata malattia cromosomica. Quando Gypsy arriva all’età di otto anni, le malattie diagnosticate dalla madre si moltiplicano: leucemia, distrofia muscolare, asma, convulsioni e vari difetti uditivi e visivi. La bimba viene fatta stare su una sedia a rotelle e alimentata mediante sonda gastrica.
Con il passare del tempo la situazione di Gypsy diventa sempre più grave. Dee Dee le rasa periodicamente i capelli in modo da imitare l’aspetto sofferente di una paziente chemioterapica; la ragazza perde anche i denti, probabilmente per i troppi farmaci prescritti. Pubblicizzando la falsa condizione della figlia, Dee Dee riesce a ricevere l’appoggio economico da diverse associazioni benefiche. Nel 2015, Gypsy viene anche premiata dalla Oley Foundation, per la sua forza e tenacia di vivere con un tubo per l’alimentazione.
Gypsy è completamente sola: nessun parente, nessun amico, nessuno fuorché la madre. Con la scusa della salute precaria, Dee Dee non le permette nemmeno di frequentare la scuola. Uno spiraglio di luce arriva nel 2012, quando Gypsy conosce via chat Nicholas Godejohn, un coetaneo del Wisconsin. Gypsy si confida, gli racconta tutta la verità e insieme iniziano ad architettare un piano per farla uscire da quell’inferno.
La sera del 14 giugno 2015, gli abitanti della cittadina di Springfield allertano la polizia in seguito ad un inquietante post su Facebook - “That Bitch is dead!” - pubblicato dal profilo condiviso di Dee Dee e Gypsy. In casa viene ritrovato il corpo esanime della donna, ma della figlia non c’è traccia. Inizialmente si pensa a un rapimento, ma il giorno seguente la Polizia riesce a rintracciare Gypsy, che si era rifugiata nel Wisconsin insieme a Nicholas. Messa alle strette, Gypsy inizia a raccontare la sua storia.
Gypsy sarà condannata a dieci anni di carcere, pena attenuata dagli anni di abusi subiti. Nicholas invece viene condannato all’ergastolo.
Sindrome di Munchausen per procura
Nell’ambito del DSM-5, la sindrome di Munchausen per procura prende ora il nome di disturbo fittizio imposto su un altro e consiste nella falsificazione delle manifestazioni di una malattia in un'altra persona, generalmente prodotta da un caregiver nei confronti della persona di cui si prende cura. La persona falsifica l'anamnesi e può fare del male al soggetto con farmaci e altre sostanze; le vittime possono risultare gravemente malate e talvolta può anche sopraggiungere il decesso (si stima nel 10% delle vittime). Identificata da un tempo relativamente breve, - circa trent’anni - non è ancora conosciuta in modo adeguato dai professionisti del settore, soprattutto a causa del coinvolgimento di bambini in qualità di pazienti. A coniare il termine fu Richard Asher, un medico inglese, che prese ispirazione dalla storia del famoso Barone di Munchausen, un mercenario del XVIII secolo, noto per raccontare storie incredibili oltre che non veritiere con le quali intratteneva gli ospiti nel suo castello di Hannover.
Si differenzia dalla sindrome di Munchausen - disturbo fittizio imposto su sé stesso - in quanto quest’ultima ha come protagonista un adulto che simula costantemente sintomi e vari quadri patologici. Il soggetto si autoconvince di avere sintomi clinici ed è disposto a tutto pur di rimuoverli, ricorrendo anche a interventi chirurgici.
Ancora non sono chiare le cause sottostanti, ma ciò che emerge è un quadro diagnostico piuttosto complesso e che richiede un approccio multidisciplinare per una presa in carico tempestiva e adeguata.
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