L’abuso sui minori: dimensioni legali, culturali e impatto sulla vittima

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L’abuso sui minori: dimensioni legali, culturali e impatto sulla vittima

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Pubblicato da ScienzeForensi Magazine in Criminologia · Mercoledì 18 Dic 2024 ·  14:30
Tags: abusominorivittimeleggesociologia
Autore: dr.ssa Melissa Guidi
Email: melissa.guidi99@gmail.com

Abstract
L’articolo esamina il fenomeno dell’abuso sui minori, analizzandolo sotto diversi aspetti per offrire una visione completa del problema. Dopo una definizione introduttiva del concetto di abuso, vengono analizzati i principali riferimenti legislativi volti a prevenire e punire tali comportamenti, con un focus sulle normative internazionali. Un’attenzione particolare è dedicata al tema dell’abuso come reato culturalmente motivato, mettendo in luce come alcune pratiche, sebbene accettate in determinati contesti socioculturali, costituiscano una violazione dei diritti fondamentali del minore. Vengono poi esaminati il contesto dell’abuso e le conseguenze psicologiche, fisiche e sociali sulle vittime.

1. L’abuso sui minori
Definire e classificare i comportamenti umani è particolarmente difficile, soprattutto quando si tratta di comportamenti sessuali illeciti che costituiscono reato. Da una parte bisogna garantire la libertà sessuale di ciascun individuo in armonia con gli altri e con i valori sociali, dall’altra, includere tali comportamenti nella legge quando prevalgono pulsioni sessuali che portano a condotte illecite. Per dare una definizione di abuso sui minori, tema che purtroppo ancora oggi viene poco segnalato, bisogna prendere in considerazione sia il piano legislativo che quello psicologico. Dal punto di vista psicologico, qualsiasi attrazione sessuale di un adulto verso un bambino potrebbe essere considerata una patologia potenzialmente abusiva, ma è essenziale sottolineare che, se questa attrazione rimane inespressa o non viene percepita dalla vittima, non può essere classificata come abuso. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’abuso all’infanzia come tutte le forme di «Maltrattamento fisico e/o emozionale, abuso sessuale, trascuratezza o negligenza o sfruttamento commerciale o altro che comportino un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, per la sua sopravvivenza, per il suo sviluppo o per la sua dignità nell’ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia o potere» (World Health Organization, 1999). Riguardo invece, più nello specifico, l’abuso sessuale sui minori, la prima definizione risale al 1981, al IV Colloquio Criminologico di Strasburgo del Consiglio d’Europa: deve intendersi abuso sessuale su un minore «L’insieme di atti e carenze che turbano gravemente il bambino, attentando alla sua integrità corporea e al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale». E ancora: «Ogni atto sessuale che provochi lesioni fisiche ed ogni atto sessuale imposto al bambino non rispettando il suo libero consenso». Tuttavia, proprio quest’ultima frase solleva il problema che un bambino potrebbe non possedere la maturità necessaria per esprimere il consenso. Un’altra definizione mette invece in evidenza le condizioni della vittima, incapace di scegliere o di comprendere ciò che sta accadendo: il Professor Francesco Montecchi, nel 1994 descrive l’abuso come «Il coinvolgimento di soggetti immaturi e dipendenti in attività sessuali, soggetti cui manca la consapevolezza delle proprie azioni nonché la possibilità di scegliere» (Montecchi, 1994).

2. Riferimenti legislativi
L’età alla quale fare sesso con un minore costituisce reato varia significativamente da un paese all’altro, poiché dipende dalle leggi specifiche di ciascuna giurisdizione e, nel corso degli anni, sono state promulgate numerose leggi per garantire la protezione dei minori. Il Giappone, per decenni, ha avuto l’età del consenso più bassa tra i paesi del G7, fissata a 13 anni da una legge risalente al 1907 e soltanto il 16 giugno 2023, a causa di una serie di crimini sessuali, il Parlamento giapponese ha approvato un disegno di legge che innalza l’età del consenso a 16 anni. Oltre ad alzare l’età del consenso, con la nuova riforma viene considerato “stupro” qualsiasi rapporto non consenziente e chiunque tenti di persuadere un minore di 16 anni a partecipare a incontri sessuali mediante intimidazione, seduzione o promessa di denaro viene punito con una pena detentiva fino a un anno o con una multa fino a 500.000 yen (The Guardian, 2023).
Diversamente invece, negli Stati Uniti l’età del consenso varia a seconda dello Stato, ma è generalmente compresa tra i 16 e i 18 anni. Molti degli Stati membri hanno inoltre optato per delle eccezioni alle leggi del consenso: le Close-in-Age Exemptions, anche chiamate Romeo and Juliet Laws, provvedono che una persona può legalmente fare sesso consensuale con un minore, dopo aver accertato che la differenza di età tra di loro non sia superiore di 3 o 4 anni (Barnett Howard & Williams, 2016).
È molto particolare invece il caso dello Yemen, il Paese più povero dell’Asia Orientale, afflitto da un elevato tasso di disoccupazione, corruzione e violazione dei diritti umani, che includono i matrimoni infantili. Secondo uno studio condotto nel 2006 dall’UNICEF, il 14% delle ragazze in Yemen si sono sposate prima dei 15 anni. E nel 2008, uno studio dell’Università di Sana’a, ha notato che in alcune aree rurali, bambine di 8 anni vengono date in matrimonio. Attualmente lo Yemen non ha un’età del consenso e un’età minima per contrarre matrimonio: nel 1999 infatti, il Parlamento ha abolito l’articolo 15 dello Yemen’s Personal Status Law, che stabiliva l’età minima per contrarre matrimonio a 15 anni. Ciò va a discapito di bambine e ragazze che vengono date in sposa a uomini adulti e sottoposte a stupri coniugali prima della pubertà: lo Yemen registra il più alto tasso di mortalità materna al mondo (Human Rights Watch, 2011). Casi simili accadono anche in Arabia Saudita: un giudice ha rifiutato di concedere il divorzio a una bambina di 8 anni sposata con un uomo di 58, suscitando l’indignazione dell'UNICEF, del Dipartimento di Stato USA e dei gruppi per la tutela dei diritti umani (The Guardian, 2008).
Nella maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea, l’età del consenso varia generalmente dai 14 ai 16 anni e per proteggere adeguatamente l’infanzia e prevenire lo sfruttamento sessuale, sono state approvate diverse leggi a livello internazionale. Tra queste, le principali sono:
  • Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;
  • Protocollo opzionale sulla vendita delle persone di minore età, prostituzione infantile e pornografia infantile;
  • Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dall’abuso sessuale;
  • Direttiva 2011/93/UE.

3. L’abuso sul minore come reato culturalmente motivato
I reati culturalmente motivati possono essere definiti come atti criminali commessi da individui o gruppi che seguono norme, valori, o tradizioni della propria cultura di origine, anche quando queste pratiche violano le leggi del Paese ospitante. Questa confluenza tra cultura di origine e sistema giuridico locale crea una tensione tra il rispetto delle tradizioni e l’adesione alle leggi nazionali. Alcuni esempi di questa tipologia di reati sono i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali femminili, i crimini d’onore, la poligamia e il lavoro minorile.
Negli Stati Uniti, a partire dal 1990, si è cominciato a riconoscere la necessità di trovare un equilibrio tra le consuetudini e le tradizioni culturali delle minoranze e le leggi e i valori etico-sociali dominanti nel Paese. Le Corti hanno così cominciato a ricorrere al concetto di reato culturale e allo strumento della “cultural defense”. Un reato è considerato culturale quando alla sua base esiste un substrato culturale importante e forse decisivo per l’individuo che ha agito, ma questo crea un conflitto tra una norma penale dell’ordinamento ospitante e una norma culturale radicata nel gruppo minoritario. La sfida per la politica giudiziaria è come trattare questi casi: se prevalere con la tolleranza e la comprensione delle diversità culturali, oppure con una ferma applicazione delle leggi nazionali, rispondendo alle esigenze di difesa collettiva. Un esempio significativo è il caso di un padre afghano immigrato nel Maine nel 1989 con la sua famiglia, denunciato da una vicina di casa che lo ha visto baciare il pene del figlio di 18 mesi. Accusato di Gross Sexual Assault, durante le indagini, la polizia trova una fotografia che conferma l’atto, ossia dell’uomo che bacia l’organo genitale del figlio. L’uomo ammette il fatto, sostenendo di aver agito secondo la sua cultura. La difesa argomenta che l’atto, privo di danno e considerato affettuoso nella loro cultura, non rientra tra quelli incriminabili e antropologi culturali testimoniano a favore della normalità di questa pratica tra i maschi nella cultura afghana. Un altro caso, avvenuto in Europa, riguarda una coppia di nigeriani musulmani: lui di 25 anni e lei di 13 anni, sposati nel loro paese nel 1969 e poi trasferiti in Inghilterra. Le autorità inglesi, venute a conoscenza della convivenza di una bambina con un uomo adulto, intervennero tramite il Tribunale dei Minori, allontanando la ragazza per danni morali. Su ricorso dell’uomo, la Corte d’Appello ribaltò però la decisione, considerando legittimo il rapporto. Solo verso la fine degli anni ‘80, casi simili portarono a modifiche nelle leggi sull’immigrazione, vietando l’ingresso in Inghilterra a ragazze minori di 16 anni se coniugate (Gianaria et al., 2014).

4. Il contesto dell’abuso
L’abuso sessuale nel contesto intrafamiliare avviene all’interno della famiglia, ossia da parte dei membri che la costituiscono, come il padre o la madre. Questo fenomeno rappresenta una forma di violenza persistente che non necessita di coercizione fisica per manifestarsi, dati i rapporti di potere e di dipendenza che compongono le relazioni familiari (Terragni, 1997).
Michael C. Seto, psicologo canadese, ha teorizzato che nella maggior parte dei casi l’approccio sessuale del padre verso la figlia potrebbe derivare dalla difficoltà di accedere a partner adulti, a causa di una mancata soddisfazione sessuale o relazionale con la partner attuale (che spesso è la madre della bambina). Pertanto, il problema deriva generalmente dalla dinamica relazionale tra i due genitori (Seto, 2018). Altri studi hanno suggerito che un motivo possibile per l’aggressore potrebbe essere un desiderio sessuale particolarmente elevato. Le principali motivazioni alla base degli abusi all’interno del contesto familiare sono: disturbi mentali, dipendenza da alcol, uso di sostanze stupefacenti; matrimonio avvenuto in età giovanile; famiglia numerosa; problematiche sessuali tra i genitori; timore di una separazione familiare; comportamenti sessuali promiscui; inclinazioni simbiotiche ed endogamiche (Montecchi, 1991).
L’abuso sessuale extrafamiliare si verifica invece quando il perpetratore non appartiene al nucleo familiare della vittima, ma può comunque avere un rapporto di fiducia o di autorità su di essa. Questo squilibrio di potere può essere sfruttato per manipolare, convincere o costringere la vittima a subire abusi, spesso attraverso minacce o promesse di ricompense. La coercizione fisica e verbale è spesso più comune in questi casi, soprattutto perché le vittime extrafamiliari tendono a essere più grandi e quindi più capaci di resistere rispetto alle vittime intrafamiliari. A differenza dell’abuso intrafamiliare, che può durare anni a causa della vicinanza costante tra vittima e abusatore, l’abuso extrafamiliare tende a essere più episodico e meno prolungato. Uno studio condotto utilizzando dati d’archivio provenienti dai fascicoli della polizia di due città del Canada occidentale, ciascuna con circa 180.000 abitanti, ha esaminato 1.037 casi di abuso sessuale su minori ed è volto a chiarire le differenze tra l’abuso sessuale intrafamiliare ed extrafamiliare. Nel contesto intrafamiliare le vittime tendono ad essere più giovani quando l’abuso inizia, soprattutto nei bambini maschi; l’abuso extrafamiliare invece tende a coinvolgere vittime più grandi rispetto a quelle coinvolte nell’abuso intrafamiliare e a causare danni fisici ed emotivi più gravi. Gli abusatori intrafamiliari ricorrono frequentemente a istituzioni per mantenere il segreto («non dirlo a nessuno») ed utilizzano meno forza fisica. Al contrario, gli abusatori extrafamiliari, specialmente quando scelgono vittime più grandi, tendono a utilizzare più forza fisica e verbale, poiché le vittime sono in grado di opporre maggiore resistenza. Inoltre, è stato rilevato che gli abusatori intrafamiliari tendono a ricevere più condanne e a scontare pene detentive più lunghe rispetto agli abusatori extrafamiliari (Fischer et al., 1998).

5. Le conseguenze sulla vittima
L’abuso è un fenomeno devastante per il bambino e può avere gravi ripercussioni sul suo benessere fisico, psicologico e sociale, sia nell’immediato che a lungo termine e gli effetti possono variare in base a fattori come l’età, il tipo e la durata dell’abuso, la relazione con l’aggressore e la resilienza individuale. Le conseguenze fisiche più riscontrate includono: malattie sessualmente trasmissibili, disturbi cardiaci (Shaoyong, et al., 2015), disturbi epatici, cronici e cerebrali, dolore pelvico e dismenorrea nel sesso femminile. Alcuni studi suggeriscono che c’è una correlazione significativa tra esperienze traumatiche vissute nell’infanzia e un aumentato rischio di sviluppare demenza, in particolare il morbo di Alzheimer (Radford et al., 2017). Le esperienze traumatiche inoltre possono alterare la struttura e la funzione del cervello, compromettendo lo sviluppo cerebrale neuronale (Perry, 2002). Gli abusi lasciano profonde conseguenze al bambino, che possono persistere nell’età adulta e influenzare la qualità della loro vita. Uno studio recente ha sintetizzato i dati sugli effetti a lungo termine dell’abuso infantile, incluso quello sessuale, lungo il ciclo di vita. Tra i partecipanti adulti, con un’età media di 54 anni, coloro che avevano subìto abusi riportavano frequenti problemi di salute mentale, come DPTS, disturbi d’ansia e depressione, disturbi della personalità, nonché alti tassi di abuso di alcool e droghe e tentativi di suicidio. Alcuni di loro hanno manifestato in adolescenza forme di delinquenza e in età adulta devono affrontare ancora gravi difficoltà, come la povertà, problemi matrimoniali, condizioni di senzatetto, periodi di detenzione o la perdita della custodia dei figli affidati ai servizi sociali (Carr, et al., 2018). Altre problematiche psichiche che si sono riscontrate sono il disturbo borderline di personalità, caratterizzato da instabilità emotiva, comportamenti impulsivi e relazioni interpersonali turbolente, in cui le persone tendono a sperimentare emozioni intense e fluttuanti, difficoltà a mantenere relazioni stabili, e un’immagine di sé instabile, e il disturbo dissociativo dell’identità, dove il bambino non riesce a comprendere l’entità e la valenza di ciò che ha subìto e l’inconscio, per sopravvivere al trauma, può creare un’identità alternativa (Maniglio, 2009).

Conclusioni
In questo articolo si è parlato del tema dell’abuso sui minori nei suoi molteplici aspetti psicologici, sociali, culturali e legali, evidenziando la complessità di un fenomeno che colpisce profondamente la vita dei minori. Come si è visto, i bambini sono particolarmente vulnerabili e crescere in una famiglia disfunzionale o subire traumi, può compromettere gravemente non solo la loro salute fisica, ma soprattutto quella psicologica. Un aspetto particolarmente allarmante è l’esposizione dei bambini sui social media, una pratica sempre più comune tra i genitori oggi: nella ricerca di visibilità, i genitori condividono immagini e video dei propri figli, senza considerare, o senza essere a conoscenza, dei i potenziali rischi.

Riproduzione riservata


Bibliografia e sitografia
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